“Noi casalesi facciamo così”, Antonio Iovine racconta i legami con Mastrominico. E sullo sfondo il Prusst a “Le Fosse” di Formia

Antonio Iovine al momento dell'arresto

Alcuni mesi fa il pentito Carmine Schiavone aveva descritto Formia e Gaeta come “provincia di casale”, così lasciando intendere un controllo da parte del sodalizio criminale del clan dei casalesi sul territorio del basso Lazio. Un mese fa “O Ninno”, Antonio Iovine, uno dei capi indiscussi della mafia casalese, iniziando la sua collaborazione con lo Stato, ha cominciato a offrire quegli spunti che, qualora trovassero conferme sul campo, potrebbero aiutare di molto gli inquirenti a comprendere un po’ di più come funziona ed è strutturato “o sistema”. Anche in terra pontina.

Nel corso dei primi due interrogatori, cinque quelli già depositati e due ancora in corso di verbalizzazione, infatti, oltre gli omicidi, che Iovine ha ammesso avere eseguito personalmente o ordinato a decine se non a centinaia, è stato il sistema economico finanziario e di potere messo in piedi dal clan a essere posto sotto l’attenzione degli investigatori.


*Michele Zagaria*
*Michele Zagaria*

Sono due gli incontri che Iovine ha avuto fino a ora con il sostituto procuratore Antonio Ardituro e i vertici dei carabinieri. Ed è nel primo, il 13 maggio, che l’ex primula rossa casalese racconta come il territorio tra Caserta e il Basso Lazio sia stato a suo tempo accuratamente diviso, con il secondo di competenza di Michele Zagaria che, racconta Iovine, “aveva una vasta capacità di influenza”.

Le domande degli investigatori si sono concentrate in particolare sulle modalità di reperimento di denaro da parte del clan e Iovine non si è astenuto raccontando, come già altri collaboratori, dell’esistenza di una cassa ordinaria e di una speciale, comune, dedicata agli affiliati in regime di 416 bis. Proprio affrontando l’aspetto finanziario, il boss ha argomentato i rapporti tra clan, economia e politica, citando a esempio il legame tra il sodalizio criminale e l’imprenditore Giovanni Malinconico.

cantiere_edile“Siamo intorno all’anno 2000 – spiega Iovine ai magistrati -. Lui mi diede 250 milioni di lire in varie rate e da allora abbiamo avuto un rapporto stabile e in occasione di tutti i lavori che ha avuto mi ha sempre dato ingenti somme di denaro sotto forma di percentuali del 5%. Otteneva in cambio degli importanti servizi che posso riassumere nel senso che aveva la tranquillità di poter svolgere liberamente la sua attività senza che nessuno potesse interferire chiedendo dei soldi, bloccando cantieri, chiedendo l’assunzione di personale, chiedendo di preferire alcune imprese per la fornitura a esempio di calcestruzzo, chiedendo di favorire alcune imprese per i subappalti e così via. Si trattava di una sorta di pacchetto completo che comprendeva anche il fatto che lui si rapportava esclusivamente con me e poi provvedevo io di volta in volta a regolare i conti con chi territorialmente aveva diritto a una quota”.

 

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