Omicidio Piccolino: i politici, imprenditori e pregiudicati intercettati dalla Dda

In primo piano Francesco Carta, al telefono, Sandro Bartolomeo e Patrizia Menanno all'esterno dello studio - abitazione di Piccolino
Il questore Giuseppe De Matteis all'incontro di sabato 18 maggio al Villaggio Don Bosco di Formia
Il questore Giuseppe De Matteis all’incontro di sabato 18 maggio al Villaggio Don Bosco di Formia

“Siamo riusciti a capire che l’omicidio dell’avvocato Piccolino non era di camorra dopo non più di un’ora”. Lo ha riferito sabato sera il questore di Latina Giuseppe De Matteis durante l’incontro organizzato da Libera al Don Bosco di Formia, nel 23° anniversario della strage di via D’Amelio a Palermo dove morirono il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

E proprio tornando a quel 29 maggio, attraverso la documentazione in nostro possesso, è chiarito che mentre gli investigatori già seguivano passo passo il principale sospettato, poi reo confesso, Michele Rossi, contemporaneamente parenti dell’uomo, politici, imprenditori locali e pregiudicati venivano ascoltati in ogni loro conversazione. Alcuni di loro per diciotto giorni di seguito e, comunque, tutti fino al momento dell’arresto del 59enne di Santi Cosma e Damiano il 16 giugno.


Michele Rossi accompagnato fuori dal Commissiariato di Formia
Michele Rossi accompagnato fuori dal Commissariato di Formia

Sergio Nazzaro, alcuni giorni dopo l’arresto dell’assassino (il 22 giugno), aveva sostenuto, “in semplice divagazione giornalistica”, che il clamore che si era sviluppato a Formia dopo l’omicidio avrebbe portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, “dopo Mafia Capitale, Formia Capitale”, ad intercettare “amministratori, appaltatori, amici degli amici e tante altre brave e rispettabili persone”, così “facendo emergere un quadro di cosa avviene poco sopra la linea del Garigliano”. Un omicidio non di camorra “che fa scoprire dove sta la camorra per davvero” aveva detto. E in assenza, per ovvie ragioni, degli estratti di quelle intercettazioni, in qualche modo sembrerebbe essere andata proprio così. Percorrendo il sentiero che aveva invitato a seguire anche lo scrittore Roberto Saviano il 5 giugno: “Aprire gli occhi sul sud pontino”. E che la Dda, in realtà, comincia a seguire sin dal 30 maggio: il giorno dopo l’omicidio.

Il corpo di Mario Piccolino a terra presso il suo studio - abitazione
Il corpo di Mario Piccolino steso a terra all’ingresso del suo studio / abitazione

L’OMICIDIOSono le 17.16 quando al Commissariato di Formia arriva una telefonata: una persona ha appena esploso un colpo di arma da fuoco nei confronti dell’avvocato Mario Piccolino, un formiano d’adozione originario di Selvacava di Ausonia, in provincia di Frosinone. A chiamare è Severino Claudio Filosa, testimone oculare dell’omicidio, studio professionale all’interno della casa del 71enne legale. La volante arriva in via della Conca II dieci minuti dopo i fatti trovando il 31enne in stato di choc. Il corpo dell’avvocato, invece, è riverso a terra all’ingresso del proprio studio/abitazione. Un colpo di arma da fuoco lo ha colpito al centro della fronte.

Mario Piccolino in un articolo apparso sul giornale inglese Independent
Mario Piccolino in un articolo apparso sul giornale inglese Independent

La fiammata intorno al foro d’ingresso del proiettile fa intuire da subito che il colpo sia stato sparato a bruciapelo. Il giovane ingegnere fornisce a caldo un primo identikit dell’assassino: età tra i 55 e i 60 anni, altezza 1.78 centimetri circa, esile, capelli brizzolati leggermente stempiati tirati all’indietro con baffi folti, occhiali Ray Ban, maglia grigio scura e pantaloni tipo bermuda militare. Spiega inoltre alle forze dell’ordine che l’uomo si è presentato a lui, che gli ha aperto la porta, come un cliente dell’avvocato. Inoltre, di aver ascoltato Piccolino, una volta avvicinatosi alla porta, dire all’interlocutore: “Non mi ricordo di te… chi sei?…” E poi, una volta aver udito il colpo di arma da fuoco, di essere uscito dal proprio studio dove era precedentemente rientrato e aver visto l’omicida allontanarsi a piedi, ricordarsi di avergli urlato contro così facendolo voltare per un istante. Tanto da riuscire nuovamente a scrutarlo in volto. Prima di rivederlo riprendere tranquillamente il cammino con la pistola ancora in pugno.

La Polizia Scientifica nell'abitazione studio di via della Conca II
La Polizia Scientifica nell’abitazione studio di via della Conca II

LE INDAGINI – Si avviano all’istante considerato che l’assassino potrebbe ancora aggirarsi per Formia. Per primo, anche perché hanno un tempo breve di conservazione, gli investigatori danno il via all’acquisizione delle immagini memorizzate all’interno degli apparati di video sorveglianza nei pressi dello studio legale e nelle adiacenze del parcheggio di Largo Paone. Una figura compatibile con la descrizione fornita dal testimone, e con gli orari dell’omicidio, viene individuata nel giro di un’ora grazie al sistema di riprese della Farmacia Sant’Anna.

Michele Rossi ripreso dalle telecamere mentre si reca presso lo studio abitazione dell'avvocato Piccolino
Michele Rossi ripreso dalle telecamere della farmacia Sant’Anna mentre si reca presso lo studio abitazione dell’avvocato Piccolino

Mostrata al testimone, il giovane ingegnere, nonostante le immagini appaiano sgranate, riconosce in quella figura il probabile assassino. Da qui l’attività degli investigatori procede seguendo l’uomo nel parcheggio di Largo Paone dove lo vedono porsi alla guida di un Pick Up.

L'auto di proprietà utilizzata da Rossi
L’auto di proprietà utilizzata da Rossi

Letta la targa, gli investigatori risalgono al proprietario e nel frattempo continuano a seguire l’auto attraverso le telecamere posizionate in città, e poi anche a Minturno, in un percorso a ritroso verso quella che poi si scoprirà essere la sua abitazione. Non sono passate nemmeno poche ore e il principale sospettato dell’omicidio ha già un nome e cognome: Michele Rossi.

IL MOVENTE – L’attività degli investigatori si concentra quindi sulla possibile ragione dell’omicidio che viene rintracciata anche spulciando all’interno del blog che l’avvocato gestiva: freevillage.it. Senza in ogni caso tralasciare la pista della criminalità organizzata che viene attentamente vagliata anche per l’attività propria di blogger dell’avvocato che, come noto, principalmente si occupava di cronaca locale, denunciando il malaffare nel sud pontino l’infiltrazione della camorra.

Gli investigatori sul luogo dell'omicidio
Gli investigatori sul luogo dell’omicidio

Scandagliando quindi i fascicoli presenti all’interno dello studio / abitazione, ecco spuntarne uno riguardante proprio Rossi e il contenzioso per il possesso di una grotta – abitazione scavata nel tufo e sita a Ventotene in località Pozzillo. Una causa iniziata nel 1994 e che aveva visto contrapporsi nel possesso della grotta Michele Rossi, che tra l’altro vi aveva effettuato lavori per alcune decine di milioni di vecchie lire, a Cristoforo Coraggio, difeso dall’avvocato Piccolino.

Da qui era nata poi un’altra causa ma questa volta contro Piccolino quando il blogger aveva accusato l’ex pretore di Gaeta Francesco Iacuaniello e l’ufficiale giudiziario Giuseppe Aurola di aver favorito Rossi nel possesso della grotta. Vicenda, per quanto riguarda il possesso, chiusa nel 2003 a favore di Coraggio ma che contemporaneamente aveva varcato i confini dell’aula giudiziaria, alimentando dissapori e rancori tra Rossi e Piccolino.

Giuseppe Maria Valenti
Giuseppe Maria Valenti

Come ebbe a dire nel 2000 presso il Tribunale di Perugia l’avvocato Giuseppe Maria Valenti, già difensore di Rossi, rivolgendosi a Piccolino nel processo che lo vedeva imputato per calunnia e diffamazione: “Evidentemente tu hai una questione personale, anzi, sei nemico personale di Michele Rossi”. Fatto che poi in qualche modo trovò eco in un articolo pubblicato nel settembre del 2014 su freevillage.it dove Rossi veniva etichettato come “il camerata Michele Rossi”, per gli inquirenti probabilmente ridestando nell’uomo un rinnovato rancore verso il legale.

IL RICONOSCIMENTO E IL FERMO – Individuato il presunto assassino e il possibile movente, gli investigatori passano a una fase ancora più operativa scattando alcune fotografie all’assassino da sottoporre al testimone oculare del delitto: questa volta il riconoscimento da parte di Filosa arriva senza ombra di dubbi. Anche se Rossi, nel frattempo, ha tagliato baffi e capelli. Il 15 giugno, sulla base degli elementi raccolti, viene chiesto all’autorità giudiziaria un provvedimento restrittivo per l’uomo. Che scatta immediatamente portando all’arresto nel pomeriggio del giorno seguente.

LA CONFESSIONE“L’ho ucciso per non lasciarlo in vita dopo che mi sarei suicidato. Perché non gioisse per la mia morte”. Così Michele Rossi confessa l’omicidio di Mario Piccolino il 16 giugno davanti al sostituto procuratore della Repubblica di Cassino Alfredo Mattei e agli investigatori che lo interrogano.

Alfredo Mattei
Alfredo Mattei

Conferma inoltre la lettera di suicidio scritta nell’agosto del 2014, poi lasciata nella propria cassaforte, e rivela: “Sono un fascista, l’avvocato Piccolino era un comunista e questa circostanza accresceva l’avversione che provavo nei suoi confronti”. Poi confermando il movente dovuto all’acredine nato per la vicenda della grotta a Ventotene, per cui sin da l 2003 aveva pensato di uccidere il legale anche perché questi, secondo Rossi e sempre all’interno della vicenda giudiziaria, aveva attaccato la memoria del padre: “Ho deciso di ucciderlo, anche perché ogni promessa è un debito”. Aggiungendo poi di aver conosciuto Piccolino quasi quarant’anni prima quando questi fece una supplenza presso il liceo classico dove Rossi studiava: “Ricordo che lo inquadrai subito in maniera negativa per la sua appartenenza politica. La rabbia che ho sempre covato dentro di me è cresciuta ancor più quando dentro di me è nata la tentazione di suicidio”.

I Vigili del Fuoco alla ricerca dell'arma lanciata nel Garigliano
I Vigili del Fuoco alla ricerca dell’arma lanciata nel Garigliano il 30 giugno

E ancora, di aver utilizzato una pistola a tamburo perché, da esperto di armi ed ex paracadutista, sicuro non avrebbe lasciato il bossolo: una calibro 22 (poi lanciata nel Garigliano mentre ritornava da Formia – dei vestiti dichiarerà di essersi liberato il giorno dopo gettandoli in un cassonetto a Minturno -), perché “di difficile perizia” così da non lasciare tracce.

I DUBBI – Se è quindi vero che Rossi ammette quasi immediatamente l’omicidio commesso, non sono comunque poche le incongruenze che nascono a seguito della sua confessione. Soprattutto per i molti non ricordo adottati sia nel primo interrogatorio presso il Commissariato di Formia che nella successiva convalida davanti al giudice Valerio Lanna.

Il primo elemento in questione sollevato dagli investigatori è la lettera con i propositi di suicidio che Rossi scrive ad agosto del 2014 e lascia poi nella propria cassaforte per quasi un anno. “Nessuno poteva leggerla”, risponderà. Istinto suicida che l’assassino riavverte qualche giorno prima dell’omicidio quando afferma, “improvvisamente nel pomeriggio del 29 maggio ho deciso di uccidere l’avvocato per poi il giorno dopo porre fine alla mia vita”. Come poi però non avviene.

Anche sulla pistola, ancora non ritrovata, non mancano alcune contraddizioni. Inizialmente, pur ammettendo di detenerla illegalmente, Rossi non ricorda dove l’ha reperita. Per poi affermare di averla ricevuta in regalo circa venticinque anni prima da un amico di Ventotene, deceduto: “Dovrebbe essere una Tauser”, afferma. Aggiungendo di non aver mai verificato se sparasse ma solo di averla preservata tenendola all’asciutto.

Non troppo esaustivo, inoltre, sui rapporti con i famigliari a cui sostiene di non aver detto nulla a proposito di quanto aveva commesso. Affermando di non ricordare il contenuto delle telefonate intercorse con un parente stretto il giorno prima e la sera dell’omicidio. Una serie comunque in numero piuttosto superiore rispetto a quante ne aveva dichiarate come abituali con questa persona.

LE MALATTIE – Diabetico da dieci anni, dimagrito negli ultimi due mesi prima dell’omicidio di circa venti chili, l’assassino fu colpito nel 2012 da un ictus e poi, dicembre 2014, da un’ischemia. Quanto queste patologie abbiano influito sul suo comportamento potrà dirlo solo l’incidente probatorio previsto per giovedì. Per ora vale la pena sottolineare che Rossi, durante gli interrogatori, conferma di aver recuperato completamente dal punto di vista fisico, fatto salvo per una leggera difficoltà a firmare con la mano destra. Aggiungendo di non avere riportato danni mentali seppure le malattie avevano intaccato le sue capacità lavorative influendo sul suo tenore di vita e, quindi, sui rapporti famigliari. In modo così evidente che dopo una visita specialistica neurologica, ricorda, gli verranno prescritti dei farmaci antidepressivi. Che inizialmente e per diverso tempo però non assumerà.

L’INDAGINE PARALLELA – Se dunque, grazie al certosino lavoro degli investigatori, il probabile assassino, come sottolineava sabato sera il questore De Matteis, è subito individuato così come il movente, parallelamente, onde non trascurare alcuna pista, si avvia un altro filone d’indagine. Legato alla criminalità organizzata e all’attività di blogger dell’avvocato. Sin dalla sera dell’omicidio, infatti, una volta reperiti numeri di telefono e messaggi in entrata e uscita dal telefono di Piccolino, gli investigatori convocano al Commissariato di via Olivastro Spaventola ogni persona abbia avuto, per le più svariate ragioni, rapporti con la vittima. Recenti ma non solo. Un via vai che inizia con la doppia testimonianza, poi risultata decisiva, dell’ingegner Filosa. A cui segue quella, non risultata significativa, di una vicina di casa.

Sandro Bartolomeo con Patrizia Menanno all'esterno dello studio - abitazione di Piccolino
Sandro Bartolomeo con Patrizia Menanno all’esterno dello studio – abitazione di Piccolino

ORE 22.30, SANDRO BARTOLOMEO – Il sindaco di Formia entra in Commissariato da primo degli amici e conferma che “Mario giornalmente passava in Comune. Come è noto a tutti avevo con lui un rapporto molto stretto e lui attraverso il suo blog sosteneva fortemente la mia amministrazione. La nostra amicizia personale era rafforzata dal fatto che mi occupavo di lui dal punto di vista sanitario, in quanto esercito la professione medica specializzata in psichiatria. Al riguardo mi occupavo anche delle cure farmacologiche prescrivendogli anche i farmaci antidepressivi di cui aveva bisogno”. E aggiunge: “Il nostro rapporto, grazie anche a questa sua sofferenza, era diventato anche di tipo personale al punto che Piccolino in più occasioni mi ha confidato le sue preoccupazioni”.

La nuova sala giochi in piena via Vitruvio
La nuova sala giochi in via Vitruvio

Ed, entrando nel dettaglio, “Mario era molto appassionato a temi come la lotta alla criminalità organizzata e nell’ultimo periodo aveva sostenuto con interventi puntuali la nostra battaglia per la riduzione delle sale gioco e delle slot machine tanto che in questi ultimi giorni si era molto battuto per denunciare l’apertura di una sala giochi sita in via Vitruvio. Inoltre, qualche giorno fa mi aveva esternato alcune preoccupazioni rispetto a minacce che avrebbe subito, non specificandomi né il tipo di minacce, né da quale parte provenissero”.

Gennaro Ciaramella
Gennaro Ciaramella

ORE 22.50, GENNARO CIARAMELLA – Il Capogruppo consiliare del Pd viene chiamato a rispondere di un sms inviato sull’utenza di Piccolino il 27 maggio: “Mario togli quella cosa”. Il riferimento, spiega il Consigliere comunale, è alla pubblicazione di alcune fotografie sul sito freevillage che lo ritraevano in modo equivoco da cui la richiesta di rimozione che poi il blogger effettuerà il giorno successivo.

Giuseppe Masiello
Giuseppe Masiello

ORE 23.45, GIUSEPPE MASIELLO – L’ex assessore all’urbanistica riferisce di aver incontrato il 19 maggio l’avvocato presso il proprio studio professionale: “Mi raccontò di avere uno scoop particolarmente pericoloso ma di non potermi in nessun modo rivelare il contenuto di queste notizie – riferisce agli inquirenti -. Nonostante le mie insistenze, si rifiutava di darmi qualunque indicazione e mi diceva di aspettare venti giorni precisando, all’esito di questa notizia, di stargli molto vicino perché era preoccupato per sé stesso”.

L'avvocato Pasquale Cardillo Cupo
L’avvocato Pasquale Cardillo Cupo

ORE 00.50, PASQUALE CARDILLO CUPO – Dopo aver ricordato i rapporti intercorsi con Piccolino, inizialmente avviati con una querela ma poi divenuti d’amicizia reciproca, l’avvocato e coordinatore di “Idea Domani” riferiva di una telefonata ricevuta nel pomeriggio del 29 maggio dall’imprenditore Williams Di Cesare: “Pensa tu che ho sentito Mario proprio ieri sera sul tardi, il quale tutto agitato mi chiedeva di incontrarlo con assoluta urgenza perché aveva scoperto una notizia bomba, un vero scoop e me ne doveva parlare”, Ma poi di non averlo potuto incontrare a causa di impegni di lavoro. Fatto che Cardillo Cupo riporterà peraltro anche ai carabinieri quando si recherà presso la caserma dove la sera del 29 maggio era stato convocato l’imprenditore Lino Pace per una perquisizione. Sempre riferita all’omicidio Piccolino.

ORE 01.25, FABIO MORLANDO – Il titolare, insieme al fratello Giovanni, della nuova sala giochi di via Vitruvio spiega invece agli investigatori tutto l’iter che li aveva portati ad aprire il loro locale il 7 maggio e anche alla chiusura pochi giorni dopo intimata dai Vigili Urbani a causa di una mancata Scia dovuta all’entrata in vigore del regolamento comunale per le sale da gioco. Relativamente al post pubblicato da freevillage,it che lo ritraeva in foto: “Per curiosità andavo a leggere quanto pubblicato su tale blog ma la cosa non aveva alcuna rilevanza per me in quanto l’attività era chiusa”.

Williams Di Cesare
Williams Di Cesare

ORE 01.30, WILLIAMS DI CESARE – L’imprenditore conferma in toto la telefonata ricevuta da Piccolino e riportata da Cardillo Cupo, seppure riferendola alla mattina. E anche di un appuntamento preso con il blogger per il 30 maggio, quando questi gli avrebbe dovuto riferire la notizia molto importante “che non poteva dirmi per telefono”.

Angelo Bardellino
Angelo Bardellino

ORE 1.55, ANGELO BARDELLINO – Il 43enne, oggi impresario musicale, riferisce della querela per lesioni ricevuta dal legale per la presunta aggressione avvenuta nel 2009, per cui è stato rinviato a giudizio, sottolineando di non essere stato lui a colpirlo all’epoca, anche perché sottoposto in quel periodo alla misura di prevenzione di Pubblica Sicurezza con obbligo di firma tre volte a settimana. Inoltre, racconta della giornata del 29 maggio fornendo nomi e testimonianze di come quel giorno si trovasse impegnato in questioni di famiglia. Infine esprimendo dispiacere per quanto accaduto al legale.

ORE 2.20, GIOVANNI MORLANDO – L’altro titolare della sala giochi di via Vitruvio (ndr da non confondersi con il Morlando accusato dell’omicidio del ballerino di Scauri Igor Franchini), racconta anch’egli le modalità di apertura e chiusura del proprio locale e, in riferimento alla propria foto pubblicata su freevillage, “tale fatto, pur avendoci infastidito, non ci danneggiava particolarmente in quanto di fatto l’attività rimaneva chiusa per nostra scelta”. In attesa di chiarimenti legali da parte dell’ufficio legale della società titolare del marchio.

Il commissariato di polizia di Formia
Il commissariato di polizia di Formia

Concluse le prime testimonianze, nei giorni successivi, dal primo all’otto giugno, gli inquirenti ascolteranno anche Gustavo Bardellino fratello di Angelo, il maresciallo dei carabinieri Giovanni Peduto, che racconterà di una telefonata ricevuta dal legale il 16 maggio in cui riferiva di aver avuto un diverbio con persone non meglio indicate e comunque su una sala giochi del centro di Formia, fatto peraltro riportato anche in un’informativa del Commissariato di Polizia, il blogger Delio Fantasia che lo incontrò la sera prima dell’omicidio, un testimone poi rivelatosi non attendibile, l’avvocato Anna Laura Tocco, la gestrice di un esercizio nei pressi della sala giochi di proprietà dei Morlando, il delegato alla legalità Patrizia Menanno, l’assessore Claudio Marciano, l’ex segretaria presso lo studio / abitazione di via della Conca

intercettazioniSCATTANO LE INTERCETTAZIONI –  Il 30 maggio, con la Dda già interessata del caso, da Cassino partono pertanto dieci richieste di intercettazioni telefoniche urgenti. A finire ascoltati da subito sono, oltre i parenti stretti del 59enne, Giovanni e Fabio Morlando, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, Myriam Testa Spaziani, amica del legale ucciso, il sindaco Sandro Bartolomeo, il consigliere comunale Gennaro Ciaramella, l’imprenditore Williams Di Cesare, il testimone dell’omicidio Claudio Severino Filosa, Angelo Bardellino, l’ex assessore Giuseppe Masiello.

In quelle ore, infatti, onde non escludere alcuna pista investigativa, gli inquirenti guardano con interesse al blog dell’avvocato ipotizzando che l’omicidio possa essere riconducibile a un’azione della criminalità organizzata, aggravata dalle modalità mafiose. Gli investigatori, infatti, sulla base delle testimonianze raccolte, pur ritenendo che allo stato non si evidenziano indizi di colpevolezza a carico dei soggetti per i quali si richiede l’intercettazione, sostengono che questi ugualmente possono fornire elementi utili al prosieguo delle indagini commentando telefonicamente i fatti relativi all’omicidio senza il giustificato timore per la loro incolumità tale da ostacolare la libera espressione dei fatti.

STOP – Il primo giugno il pubblico ministero della Dda di Roma Carlo Lasperanza sospende le intercettazioni telefoniche a carico del sindaco Sandro Bartolomeo, dell’avvocato Pasquale Cardillo Cupo e di Myriam Testa Spaziani ritenedendole non utili alle indagini in corso, contemporaneamente confermandole invece per gli altri.

COLPO DI SCENA, RIPRENDE L’INTERCETTAZIONE DEL SINDACO – Mentre il febbrile lavoro degli investigatori prosegue, succedono tre fatti che fanno decidere alla Dda di riprendere l’ascolto del primo cittadino.

Il 3 giugno, un’informativa del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina sottolinea come il Sindaco abbia riferito che l’omicidio di Piccolino era stato fatto per colpire e intimidire la sua persona essendo nota la sua profonda amicizia con la vittima (tema ripreso anche durante i funerali). Tesi in parte avanzata anche a Radio Rai 1 il giorno precedente (2 giugno).

Il 4 giugno, poi, giunge in Questura un’annotazione di Polizia che riferisce come fonte degna di fede abbia rivelato che l’avvocato Piccolino sia in realtà stato ucciso per mandare un messaggio indiretto al Sindaco di Formia.

Simone Pangia, addetto stampa del sindaco Bartolomeo
Simone Pangia, addetto stampa del sindaco Bartolomeo

Inoltre, che il primo cittadino avrebbe dato garanzie in merito all’approvazione del Piano Regolatore Generale da cui, sembrerebbe, lucrerebbero la famiglia Giuliano – Esposito originaria di Napoli – Forcella. La fonte, inoltre, aggiunge che al messaggio di fuoco inviato al Sindaco sarebbe potuto seguirne un altro analogo colpendo a morte l’addetto stampa del sindaco ovvero Simone Pangia.

Il 5 giugno, poi, una nota della Squadra Mobile evidenzia come il Sindaco ha reso alla stampa dichiarazioni difformi da quelle rese alla Polizia Giudiziaria sottolineando come Bartolomeo ritenesse che la criminalità organizzata avesse colpito Piccolino per mandare un messaggio chiaro di come si sarebbe dovuto comportare nel futuro con particolare riguardo agli interessi relativi al nuovo piano regolatore di Formia.

Da qui la decisione della Dda di riprendere con urgenza l’ascolto delle conversazioni del primo cittadino “acquisendo eventuali comunicazioni di minaccia o intimidazione che potrebbero giungere alla sua utenza, comunicazioni che potrebbe non rivelare nella loro interezza”.

CONCLUSIONI – Se la Dda probabilmente ha trovato una risposta al perché il primo cittadino abbia parlato a più riprese di camorra e nuovo Piano Regolatore Generale riferendosi all’omicidio Piccolino, la stessa domanda la hanno posta direttamente al Sindaco le opposizioni consiliari non trovando però soddisfazione nell’ultimo Consiglio comunale dove pure il punto, previsto all’ordine del giorno, è infine saltato.

In tutto ciò va tenuto in debita considerazione che i giorni in cui il primo cittadino, e non solo lui, viene ascoltato sono gli stessi del Consiglio comunale straordinario successivo all’omicidio in cui il tema criminalità organizzata comincia a essere sollevato (30 maggio), Sel si autosospende dalla maggioranza (9 giugno), la giunta viene azzerata (10 giugno), poi rinnovata a fine mese (a tutt’oggi ancora senza aver assegnato le deleghe). E anche quelli in cui, le intercettazioni saranno sospese il giorno successivo, è presentato il nuovo Prg (16 giugno mattina). Proprio poche ore prima dell’arresto di Rossi.

Un fitto mistero seppure, verosimilmente, non per tutti.