Acquedotto romano di Formia, una storia di abbandono

E’ forse una delle più vivide testimonianze della presenza della Roma antica in quella che oggi chiamiamo Formia. Si tratta dell’acquedotto romano i cui resti – un piccolo tratto che si trova nell’area di Mola a ridosso della chiesa di San Giovanni – sono ormai abbandonati e sopraffatti da altri interessi. Basti considerare che proprio accanto è stato realizzato un distributore di benzina in pieno centro urbano. Oltre a ciò erbacce e rifiuti ne corredano il contesto, oggi, come già in passato. Insomma un sito di pregievole fattura storica e archeologia abbandonato a se stesso e anche piuttosto precario. A sollecitare una sua immediata riqualificazione e valorizzazione, e prima ancora una semplice pulizia che gli restituisca dignità, è il noto marciatore formiano Michele Maddalena che in una lettera inviata al sindaco fa cenno anche alla vicende del passato che lo hanno visto come al solito sottomesso agli interessi privatistici dell’apertura del pastificio Aprea, a causa del quale furono abbattute alcune arcate.

Presente all’inaugurazione della mostra del compianto Antonio Sicurezza, ho ascoltato, con costernazione, la Vostra dichiarazione d’impotenza, per lo smembramento del polittico – opera dello stesso artista – situato nel retro dell’altare della chiesa di San Giovanni. Non entro nel merito, ma, mi chiedo: «Non potevate parlarne con il vescovo della cittadina dirimpettaia che, in buona sostanza, è il vertice di quella struttura clericale, presso la quale vi definite “impotente”?».


A questo punto, col Vostro permesso, Vi sottopongo una domanda: «La Vostra impotenza si ferma al polittico, oppure è estesa ad altro?». Forse dipende dal fatto che Voi raramente camminate a piedi e, pertanto, giocoforza, più di qualcosa può sfuggire all’attenzione del guidatore. Purtroppo, lo scrivente, per lo più, si muove a piedi e, non essendo distratto dalla guida, ha più possibilità di osservare il panorama. E, non solo il panorama…

Una immagine dell'acquedotto del 1900
Un’immagine dell’acquedotto del 1900

Ebbene, egregio signor sindaco, mentre Voi parlavate del polittico, io sono “uscito” dal luogo ove esso è custodito e… mi sono trovato di fronte un rudere in completo stato di abbandono, ingabbiato da sostegni “innocenti”. Sono i resti di un acquedotto romano che, captando l’acqua dalla vicina sorgente, alimentava una grossa fontana pubblica, posta sulla regina viarum. Oltre la fontana, alimentava le immancabili terme e, in seguito, la struttura che Voi, giustamente, avete definito “un castello”: la torre di Mola!

Spero mi perdonerete se, riandando indietro con gli anni, ricordi com’era, ai miei tempi, quell’attuale rudere. Anche se l’acqua era stata incanalata in tubazioni, era ancora integro. La Vostra età non consente il ricordo, ma esistono delle foto che, ahimè!, non reggono il confronto con la situazione attuale. Non parlo di secoli addietro, ma soltanto di poco più di cinquant’anni fa!

I resti dell'acquedotto nel 1930
I resti dell’acquedotto nel 1930

Ebbene, agli inizi degli anni sessanta, alcune arcate prossime alla fonte furono abbattute, per far posto all’ampliamento di un pastificio. Le mie rimostranze trovarono risposta in un personaggio pubblico di allora che, prendendo spunto dalla mia giovane età, mi fece un “forbito sermone giustificativo” dell’abbattimento che, parola più, parola meno, suonava pressappoco: «Il pastificio darà lavoro a più di qualche formiano. Quando si metterà a tavola con i figli, ci ringrazierà. Che volevi che mettesse nel piatto le pietre di un vecchio acquedotto che, ormai, non serve più. E, poi, abbiamo abbattuto solo tre arcate che, tra l’altro, non si vedevano nemmeno.». Peccato che, sia quel signore, che mio padre (che assistette al predicozzo), non siano più tra noi…

Egregio signor sindaco, mi scuso per il disturbo. E, vengo al dunque! La Vostra “impotenza” arriva anche all’acquedotto romano? O di quel poco che resta? Sono certo che gli impegni istituzionali difficilmente consentiranno un Vostro sollecito intervento. Oppure devo arguire che non si tratti d’impotenza, ma di ben altro. Se è come penso, ditelo chiaramente. Non occorre nascondersi dietro le vuote casse comunali. Se bisogna abbattere i resti dell’acquedotto, per fare spazio ad un ennesimo parcheggio (a pagamento, s’intende!), non preoccupateVi dei soldi. Per pagare la ruspa, prendo il solenne impegno di fare una marcia finalizzata alla raccolta fondi pro ruspa. E, Voi lo sapete benissimo, io ho una sola parola! Posso azzardare una richiesta? Non rispondete a questa mia senile esternazione. Domattina mandate una squadra di operai a sistemare quel rudere che, ne sono certo, tanti vorrebbero avere nella propria città. Cordialmente