OMICIDIO CAPPIA AD ITRI, “ELEMENTI INTERESSANTI” DAL SOPRALLUOGO DEI RIS SU DUE AUTO

*L'auto carbonizzata*
*L’auto carbonizzata*

“Elementi interessanti” per la ricostruzione della dinamica relativa al tragico epilogo dell’enologo Ulrico Cappia, trovato carbonizzato al’interno della sua auto, la sera di mercoledi scorso, “sono emersi dopo il sopralluogo effettuato dagli uomini dei Ris di Roma su due autovetture già poste sotto sequestro” dal momento del barbaro omicidio e affidate alla custodia del deposito giudiziario di Formia.“Una delle due auto è la Fiat 500 L, nuovo tipo, al cui interno sono stati trovati i resti dell’enologo il cui corpo risultava orribilmente combusto”.

Questo il laconico comunicato emesso dagli inquirenti che stanno collaborando con il Comando Provinciale dell’Arma, che introduce un elemento significativamente interessante nella ridda di ipotesi finora formulate. Poiché, dalle indiscrezioni del giorno dopo, si era venuto a sapere che era stata posta sotto sequestro l’auto  di una  delle persone subito ascoltate dopo il rinvenimento dei resti , proprietario che era pure stato sottoposto alla prova specifica per l’eventuale individuazione di polvere da sparo sulle mani, emerge la conclusione che le indagini prendono in considerazione soggetti che in qualche modo potevano gravitare nell’orbita personale della vittima, per lo meno come figure complementari che potrebbero aver svolto il ruolo di basisti per illustrare agli esecutori dell’efferata esecuzione le vie di fuga più brevi e ancor più sicure.


Non si esclude che gli uomini del RIS possano ritornare nel magazzino “PALMIERI & TREGLIA” di Formia, utilizzato anche come deposito giudiziario, ma si ha l’impressione, confermata dalla parole di malcelato ottimismo rilasciate dal ten. Col. Pier Luigi Rinaldi, comandante del NORM provinciale, e che coordina le attività degli inquirenti con il colonnello comandante Giovanni De Chiara, nella giornata di martedi, secondo il quale le indagini potrebbero avere quanto prima una svolta determinante.

All’interno della vicenda va anche a inserirsi il calvario didattico degli alunni del quinto anno dell’istituto professionale di stato per l’agricoltura di Itri. Questi, dopo essere stati invitati, allorchè frequentavano la terza classe, a impratichirsi presso i vigneti della tenuta dove lavorava il Cappia, stavano mettendo in atto uno stage, secondo quanto prevedeva un progetto inserito nella programmazione di istituto per il quarto e il quinto anno. L’intero corso formativo era fissato in 130 ore totali, propedeutiche all’esame finale per ottenere il riconoscimento dell’avvenuto percorso di perfezionamento cognitivo. Con il decesso del Cappia e la mancanza, per ora, di un suo sostituto, i ragazzi temono che il progetto non giunga a compimento qualora non si ricreino le condizioni (mancata disponibilità del successore dell’enologo veneto, ripartenza da zero dell’impegno tecnico-pratico nei vigneti, ecc.) per vedere concluso il percorso didattico finora preziosamente iniziato e giunto a buon punto.

Anche se il particolare figura tanto subalterno alle ansie e alle incognite delle indagini, contribuisce ad aggravare il bilancio tanto negativo di una pagina di cronaca che a Itri vorrebbero ricordare e passare nel dimenticatoio come la “puntata unica” di un film dell’orrore che non conosce repliche o che non si trasformi nella prima pagina, poco fiction e tanto reality, di una saga che dia corpo all’antologia dei regolamenti dei conti nella terra dove, solo per la cinematografia e per il buon Peppe De Santis, conclamato regista fondano di fama mondiale, quella terra veniva intravista come la tormentata zona dove “non c’è pace tra gli ulivi!”