Assolto per non aver commesso il fatto. Ribaltata in appello la sentenza con cui Giuseppe Romolo Di Silvio era stato condannato a trenta anni di reclusione, accusato di aver partecipato all’omicidio di Fabio Buonamano, e messa di conseguenza dai giudici capitolini sotto una nuova luce la cosiddetta guerra criminale, iniziata il 25 gennaio 2010, a Latina, con l’attentato a Carmine Ciarelli.
Secondo gli inquirenti, nel capoluogo pontino, era esploso un contrasto tra rom e non rom, finalizzato a controllare il business dell’illecito. In tale contesto sono stati inseriti il tentativo di uccidere Ciarelli a Pantanaccio, l’omicidio di Massimiliano Moro, quello il 26 gennaio 2010 di Fabio Buonamano, detto “Bistecca”, legato allo stesso Moro, e una serie di gambizzazioni. Costantino Patatone Di Silvio ha sempre sostenuto che aveva ucciso lui Bistecca, nell’ambito di un litigio per un prestito di cui chiedeva la restituzione, poi degenerato, scagionando lo zio Romolo. Per il sostituto procuratore Marco Giancristofaro, alla luce delle indagini compiute dalla Mobile, sarebbe invece stato proprio Romolo a far fuoco. In primo grado quest’ultimo era stato condannato dalla Corte d’Assise di Latina a trenta anni di reclusione e la patata bollente è poi passata alla Corte d’Assise d’Appello di Roma, presieduta dal giudice Roselli.
Nella precedente udienza il procuratore generale aveva chiesto la conferma della condanna per Giuseppe Romolo Di Silvio. Gli avvocati Carlo Taormina, Luca Amedeo e Carlo Alberto Melegari, difensori dell’imputato, avevano invece insistito per l’assoluzione, dopo aver ottenuto dalla stessa Corte l’esclusione dell’appello del pm che, puntando all’ergastolo per Romolo Di Silvio, batteva sui motivi abietti e futili, sulla crudeltà e sulle sevizie, e aver ottento l’acquisizione delle sentenze di Patatone, condannato in via definitiva per l’omicidio Buonamano a venti anni di reclusione, con l’ipotesi della premeditazione cestinata. Le difese avevano poi sostenuto che tutti gli elementi di prova, compresa una consulenza che avevano fatto fare per ricostruire l’esatta dinamica del delitto, escludevano la presenza di Romolo in via Monte Lupone quanto è stato ucciso “Bistecca” e che nessuna certezza giungeva dall’esame del Dna sul cappello di lana trovato sul luogo dell’omicidio e dalle intercettazioni telefoniche. Tesi che alla fine hanno convinto la Corte d’Assise d’Appello di Roma. Dopo tre ore di camera di consiglio, i giudici hanno letto il dispositivo, assolvendo Giuseppe Romolo Di Silvio con la formula più ampia. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro novanta giorni.
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