”Gli Archi”, l’altra discarica di Formia

Località Gli Archi
*Carmine Schiavone*
*Carmine Schiavone*

Sono giorni di sospetti quelli che vive Formia. Da quando il pentito Carmine Schiavone in una bollente giornata di agosto ha cominciato a raccontare la sua verità sui rifiuti seppelliti tra Campania e Lazio, la rimozione del segreto sulle dichiarazioni del 1997 è stato solo l’ultimo passaggio, la sensazione di essere “provincia di Casale”,  ennesima rivelazione del pentito e tessera di un mosaico i cui contorni si fanno più oscuri senza che nessuno ancora, tra quelli che potrebbero, davvero voglia illuminare la figura per capire quanto si estende, diviene sempre più una certezza. E non solo per le operazioni delle forze dell’ordine contro attività di spaccio, riciclaggio, usura e quant’altro gestite dai sodalizi criminali operanti su tutto il territorio che già avrebbero dovuto far ammettere a chi ha amministrato la presenza invasiva e opprimente dei clan, invece che negarla strenuamente relegandola a pericoloso tentativo di infiltrazione.

Il basso Lazio non appare più un’oasi felice di sole e mare come è stato raccontato, difeso e si è preferito credere per non incorrere in cattivi pensieri ma, come descritto da Schiavone, angolo di terra controllato e dominato dai clan. E forse irrimediabilmente inquinato come la vicina Campania dove la criminalità, sempre stando a Schiavone, non si è fatta scrupolo di uccidere e distruggere parti di territorio al solo scopo di poter riempire le proprie casse e accumulare potere, perfetta nemesi dello Stato, quest’ultimo spettatore quando non addirittura, in alcuni suoi elementi, complice del massacro ambientale.


Formia ha avuto il suo “regalo” di rifiuti tossici come ogni provincia appartenente a “casale”? L’inchiesta aperta dalla Procura di Cassino sulla discarica di Penitro sta investigando proprio questo aspetto al ritmo di una rivelazione al giorno partendo da quel fascicolo della Polizia Provinciale aperto nel 1997, scomparso e riapparso più volte negli ultimi quindici anni, e le cui foto all’interno mostrerebbero fusti semi seppelliti e di provenienza ignota. Ma a Formia quella di Penitro non è stata l’unica discarica.

*Gli olivi e la pineta sulla collina di Campese: proprio lì era ubicata la discarica*
*Gli olivi e la pineta sulla collina di Campese: proprio lì era ubicata la discarica*

Per tutta la fine degli anni settanta e buona parte degli anni ottanta un altro sito accoglieva rifiuti. Era ubicato in via Mergataro, la zona de Gli Archi alle pendici della collina di Campese per intenderci. I più anziani, non senza inquietudine, la chiamavano “I fuochi” perché improvvisamente, vuoi per combustione naturale, vuoi per la mano del piromane di turno, la terra si accendeva. L’“Impianto di recupero”, così viene definito dal sito dell’Arpa Lazio (Tabella Impianti aggiornata e Legenda rev 1) dove compare insieme ad altre centinaia di discariche presenti in tutta la Regione, su cui chi ne ha competenza avrebbe il dovere di effettuare un controllo approfondito, era sorvolato continuamente da gabbiani fino a quando non si saturò e si decise di ricoprirla con terra di riporto, tra le altre quella delle nuove costruzioni nate dal boom edilizio di Gianola negli anni ottanta.

E che lì ci sia stata una discarica, se dimenticato da molti cittadini, è fatto piuttosto noto quanto meno alla politica. E’ sufficiente andare a rileggere alcuni passaggi di un documento del Partito Democratico del febbraio 2011, periodo in cui Formia si anima per il progetto di costruzione di un cimitero che secondo le intenzioni dell’amministrazione Forte sarebbe dovuto sorgere tra l’azienda olivicola Gli Archi e la pineta che la sovrasta, si legge nel documento Pd, “funzionale al recupero ambientale della ex discarica del Comune di Formia, che nel progetto preliminare di nuovo cimitero comunale sarà eliminata per far posto al forno crematorio con torre, e ad un parcheggio”.

*Particolare della pineta sotto cui si trovava la discarica*
*Particolare della pineta sotto cui si trovava la discarica*

E più avanti si entra nel dettaglio: “Una porzione significativa della parte collinare del progetto di cimitero, ha caratteristiche igienico-sanitarie particolari, per aver ospitato una discarica di rifiuti solidi urbani dismessa negli anni ‘70, la quale è stata oggetto di successivo recupero ambientale mediante interramento e piantumazione con alberi di pino”.

E se più avanti si fa riferimento a vincoli idrogeologico, ambientale – paesaggistico, rischio frane che renderebbero l’edificazione del cimitero ancora più pericolosa, ci si “dimentica” però che nel corso degli ultimi anni nella zona sono sorte almeno quattro ville quadri familiari. Particolare che non viene riferito, invece, è che quando si è scavato per dare il via a quelle costruzioni sono state trovate buste intere e intatte di immondizia. Con aumento della presenza di gabbiani ogni volta che questo è accaduto.

Nel documento del Pd si spiega inoltre che il terreno “è già stato oggetto di recupero ambientale da parte dell’Azienda Agricola Gli Archi”, di cui delle due l’una: o la zona è stata bonificata del tutto come si afferma in quest’ultimo passaggio o i rifiuti sono ancora lì come si dice precedentemente facendo riferimento a “caratteristiche igienico-sanitarie particolari”.

*La zona degli Archi: in rosso la porzione di territorio dove era ubicata la discarica*
*La zona degli Archi: in rosso la porzione di territorio dove era ubicata la discarica, dove sarebbe sorto anche il nuovo cimitero*

Il legittimo sospetto che la discarica agli Archi possa essere stata utilizzata né più ne meno di altre in mano ai casalesi, alla luce delle ultime rivelazioni, forse dovrebbe essere seguito da un più attento riscontro anche perché, raccontano alcuni anziani del posto che, all’epoca in cui era attiva, spesso in zona si vedeva Enesto Bardellino accompagnato come sempre dal suo autista. Proprio come riferisce nel 1997 Carmine Schiavone quando spiega alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse che il traffico di rifiuti e il loro smaltimento illecito in provincia di Latina avveniva già prima del 1988 per opera dei Bardellino. E specifica: “non solo Latina ma anche Gaeta, Scauri e altre zone”. In merito alle verifiche sarebbe poi utile chiarire perchè nel momento in cui la passata amministrazione decise che lì andava costruito un cimitero, nessuno, se non marginalmente, abbia sollevato il problema dei rifiuti. Anche perché non sembra esistano documenti ufficiali in cui si spiegano le modalità della bonifica. Che sarebbe avvenuta solo mediante sotterramento. Negli anni ottanta tutto era più semplice.