SUICIDIO A NORMA, LA CAMERA PENALE DI LATINA CHIEDE MAGGIORE PRUDENZA SULLE MISURE CAUTELARI

avvocatoPiù attenzione e più sensibilità quando si tratta di privare qualcuno della libertà personale. Questa la richiesta fatta dalla Camera penale di Latina ai magistrati dopo la tragedia di lunedì scorso, quando un 50enne di Norma, Gennaro Cardone, messo ai domiciliari con l’accusa di aver molestato la ex moglie, si è tolto la vita. La settimana passata, nel corso dell’interrogatorio tenuto dal gip Guido Marcelli, l’indagato aveva respinto le accuse, sostenendo di aver solo detto qualche parola fuori posto alla donna, episodi accaduti quando era ubriaco.

Il difensore di Cardone, l’avvocato Domenico Oropallo, aveva chiesto di modificare la misura, specificando che il 50enne viveva da solo e in condizioni di disagio, che ogni giorno si recava a mangiare alla mensa della Caritas, a Latina, e che aveva bisogno di farmaci. Il legale aveva sostenuto che chiudere Cardone tra quattro mura equivaleva a privarlo anche di quel minimo di conforto che riusciva ad avere dagli enti caritatevoli e che era pericoloso più per se stesso che per gli altri. L’avvocato Oropallo aveva specificato, come ricordato nel documento stilato dalla Camera penale, che “le condizioni di salute del Cardone, al quale era stata riconosciuta l’invalidità totale, erano incompatibili con la misura di cautela personale applicata, unitamente ad una condizione di grave ed evidente labilità psichica”. Il gip è stato di diverso avviso, ritenendo che l’interrogatorio non aveva mutato il quadro indiziario. Prima che l’avvocato Oropallo potesse chiedere alla Procura di riconsiderare la situazione, il 50enne si è impiccato, togliendosi la vita.


La Camera penale, presieduta dall’avvocato Paolo Censi, sostiene che si continua “a riscontrare il ricorso eccessivo alle misure cautelari più afflittive, senza tenere in considerazione la ratio della norma che, di contro, le consente solo quando sono realmente indispensabili per fronteggiare le esigenze special-preventive”. E ancora: “Raramente si ricorre all’applicazione di misure meno gravose, quali, nel caso di specie, il divieto di avvicinamento che pure era stato richiesto dal pm, sebbene in via subordinata”.

La Camera penale ha espresso infine amarezza “per una vicenda che forse poteva essere evitata” e auspicato “una maggiore sensibilità e prudenza nell’utilizzo dello strumento” delle misure cautelari personali, quelle con cui un indagato finisce in carcere o ai domiciliari.