E’ MORTO EMANUELE FE, ERA STATO FERITO A MORTE A FOLIGNO. SCARCERATO UNO DEI DUE PRESUNTI AUTORI DELL’OMICIDIO

Il luogo dell'agguato
I camper parcheggiati sotto l'ospedale di Terni

E’ deceduto Emanuele Fe, il rom di Latina, ferito, insieme all’altro rom Gabriele Rota nella sparatoria di Maceratola, frazione di Foligno, di lunedi scorso. Era ricoverato in rianimazione nell’ospedale di Terni. Fe era parso sin da subito in condizioni molto gravi per essere stato colpito da un proiettile alla testa e da altri quattro al torace.
Un centinaio, forse di più, erano i Rom che hanno raggiunto Terni con i camper e con molte auto private e che hanno atteso, invano, l’arrivo di buone notizie. E’ stato un via vai continuo fra l’esterno dell’ospedale e la rianimazione. Il loro comportamento, fanno sapere dal reparto, è stato molto corretto. Si erano sistemati nel parcheggio antistante l’ingresso dell’ospedale Santa Maria e sono stati lì per tutta la giornata. Hanno anche improvvisato un picnic collettivo con tavoli e cibo.

Anche la seconda persona ferita, ricoverata a Foligno, è in condizioni definite molto gravi. Gabriele Rota, infatti, è stato sottoposto in giornata ad un delicatissimo intervento chirurgico all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia per rimuovere il proiettile che gli si è conficcato nel cervelletto. L’operazione è riuscita solo in parte, in quanto non è stato possibile rimuovere il proiettile totalmente. Rota è ora ricoverato nel reparto di rianimazione in prognosi riservata. La famiglia di Rota ha anche nominato un legale, l’avvocato Aurelio Puegliese, per tutelarsi come parte offesa nel procedimento che scaturirà dalla vicenda.


Nella giornata di oggi, intanto, i giudici hanno stabilito che solo uno dei due fermati per la sparatoria di Maceratola rimarrà in carcere. Michele Candido, il più giovane dei due, fermato mentre era a casa sua a Foligno, resterà dietro le sbarre a Capanne. Lo ha deciso il gip Carla Giangamboni, convalidando il fermo emesso dal pubblico ministero Mario Formisano. L’altro fermato invece, arrestato dai carabinieri di Pontecorvo nei pressi di Capua, dopo, pare, un rocambolesco inseguimento Salvatore Giovinazzo, è stato rimesso in libertà dal gip Cettina Scognamiglio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, perché a suo parere, non sussiste univocità negli indizi a suo carico.

Il più giovane dei due, Michele Candido, difeso dall’avvocato Silvia Stancati, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip Carla Giangamboni, come già fatto in sede di fermo con il pubblico ministero Mario Formisano. Il magistrato, in udienza, ha anche formalizzato l’integrazione del capo d’imputazione: dopo la morte di Emanuele Fe infatti, i due calabresi non sono indagati solo per tentato omicidio ma anche per omicidio. Candido si professa estraneo alle accuse che gli vengono mosse, sostenendo di non conoscere i due rom vittime della sparatoria e di essere stato prima a cena a casa della sorella e poi in casa sua la sera dell’agguato.

Anche Salvatore Giovinazzo, che era stato fermato dai carabinieri di Pontercorvo dopo un lungo inseguimento in autostrada, nei pressi di Capua, davanti al gip di Santa Maria Capua Vetere, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Giovinazzo, era stato fermato nelle ore successive alla sparatoria. Polizia e carabinieri erano andati a casa sua e l’avevano trovata vuota. Il vicino di casa aveva poi raccontato di essere stato avvertito dallo stesso Giovinazzo  del fatto che doveva recarsi urgentemente in Francia con la famiglia. Ma la localizzazione del suo telefono non lo collocava in viaggio verso la Francia, ma verso sud. Di lì, l’inseguimento in autostrada.

Il difensore di Giovinazzo ha sostenuto che il suo assistito si stava recando a casa sua, a Rosarno, e non che stesse fuggendo dopo aver partecipato ad una sparatoria. Tanto è vero che ha preso l’autostrada e non strade secondarie. L’avvocato Francesco Maggiolini ha poi annunciato che Giovinazzo si recherà ora in Calabria, dai suoi familiari, per sfuggire al clima poco tranquillo che si sarebbe creato tra loro e i familiari dei rom.

Le tre pistole ritrovate

Le tre pistole che sono state ritrovate nel letto del fiume Topino a Ponte San Magno di Foligno verranno sottoposte a perizia balistica per verificare se siano state realmente utilizzate, come appare verosimile, nella sparatoria di Maceratola. I calibri dei proiettili ritrovati sul luogo del delitto coincidono infatti con le pistole ritrovate. Le tre armi sono due calibri 6,35 e una 7,65, le prime due di provenienza spagnola e e l’altra dell’Est europa, mentre la 7,65 è una Beretta. Tutte e tre hanno la matricola abrasa,  una avrebbe anche la filettattura per il silenziatore, due sarebbero state trovate scariche, mentre una terza sarebbe stata trovata inceppata con un colpo in canna e i proiettili nel caricatore.

La sparatoria avrebbe preso le mosse da un litigio avvenuto lunedì pomeriggio tra Rota, Fe e Giovinazzo, in casa di un’amica della moglie di Rota. La stessa donna proprietaria della Citroen C3 con cui viaggiavano i due rom prima di essere raggiunti e feriti. E’ stata la stessa donna a riferire del litigio e delle frasi offensive dette dagli italiani rom arrivati a casa sua mentre Giovinazzo si trovava lì con la moglie per aiutare a lavorare la terra. Dopo la discussione Giovinazzo se ne sarebbe andato insieme alla moglie.

Secondo la ricostruzione accusatoria, Giovinazzo avrebbe raggiunto poi Candido, e insieme sarebbero andati a cercare i due rom, che si sarebbero allontanati da casa della donna a bordo della sua Citroen C 3. Oltre al litigio di lunedì, all’origine dell’agguato ci sarebbero attriti pregressi, dovuti anche, sembrerebbe, a una compravendita di un ciclomotore. Anche in passato sarebbero volate minacce tra i due gruppi. Certo le tre pistole con la matricola abrasa fanno propendere per una provenienza illecita delle stesse.

Gli inquirenti intanto continuano le loro indagini, carabinieri del reparto operativo di Perugia insieme ai colleghi di Foligno e agli agenti del commissariato folignate sono ancora nel pieno della loro attività, per mettere a posto tutti i pezzi del puzzle e verificare se possano esistere altre eventuali responsabilità.

[Francesca Marrucco – Umbria 24]

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