SEQUESTRO ALLA BANCHINA CICCONARDI DEL PORTO DI GAETA, IL GIUDICE PRENDE TEMPO

Il dissequestro doveva essere discusso ieri ma il giudice incaricato ha deciso di prendersi un supplemento di tempo. Così le 2800 tonnellate di materiale ferroso, e anche speciali, sequestrate lo scorso 18 dicembre restano lì dove sono: al porto di Gaeta, sulla Banchina Cicconardi. In un piazzale che la Interport di Nicola Di Sarno, la società spedizioniera che ne curava il trasporto verso la Turchia per conto di una società maltese, ha noleggiato per un mese, concessione rinnovabile, all’Autorità Portuale.

L’operazione di sequestro era stata coordinata dall’Autorità delle Dogane e aveva unito un gruppo interforze costituito da Capitaneria di Porto di Gaeta, stanziale del Gruppo della Guardia di Finanza di Formia e Polizia Provinciale.


Proprio l’Autorità delle Dogane aveva voluto effettuare i primi accertamenti quando le era pervenuta una richiesta di Delivered Duty Paid. Lì sono scattati i controlli incrociati sul materiale. Sulla banchina, infatti, erano già arrivate circa 2800 tonnellate di materiale ferroso, parte di un carico totale di 5000 tonnellate.

Dalla prima verifica, prettamente tecnica, la prima anomalia. In base alla triangolazione commerciale, infatti, il materiale era stato acquistato da una società maltese che per farsi trattare le incombenze spedizioniere si era affidata alla Interport. Dopo di che, una volta imbarcato, il materiale veniva ceduto a una società inglese che lo avviava in Turchia, luogo di arrivo, presso una fonderia di Ankara.

Oltre il comune ferro, l’unità interforze ha trovato un po’ di tutto: privi di vagliatura, tra l’altro figurano anche bombole a gas, congegni elettronici, sottoprodotto da mandare ancora a lavorazione ma indagini sono ancora in corso.

Un recentissimo controllo dell’Arpa ha evidenziato come quanto si trova attualmente sulla banchina non è trasportabile all’estero e da qui si apre il problema di competenze. Trattandosi di un trasporto internazionale, infatti, la competenza dovrebbe passare a breve dal sostituto procuratore della Repubblica di Latina Eleonora Tortora alla Dda. In questo caso di Roma stante che la prima delle sei ditte di recupero che ha conferito materiale presso la Banchina Cicconardi è ubicata tra Aprilia e Cisterna di Latina. Mentre le altre sono campane: tre dalla provincia di Napoli, nello specifico dalla zona di Giugliano in Campania dove insite un notevole polo industriale, tra le altre vi è una importante sede della Selex Sistemi Integrati comunque non riconducibile alla vicenda, e due da quella di Caserta. Da verificare ancora la provenienza del materiale.

Stando a successivi accertamenti, il trasporto era invece iniziato un mese prima dell’intervento delle forze dell’ordine. Attualmente, se non verrà interessata prima la Dda, sono in corso indagini sulle aziende di trasporto, tutte ditte individuali, provenienti, esclusa una locale, dall’area di Napoli e Caserta per un totale di venticinque i trasportatori.

Per quanto riguarda, infine, la pericolosità del materiale in banchina, salvo nuovi accertamenti che affermino il contrario, attualmente è posizionato in un’area delimitata e anche qualora dovessero esserci delle perdite, ad esempio di percolato, viene raccolto dal sistema di depurazione, recentemente ammodernato, della banchina Cicconardi. A ogni modo nei prossimi giorni della situazione dovrebbe essere interessata anche la squadra ambientale della Sezione Navale della Guardia di Finanza di Gaeta.

Più interessante appare il discorso sull’eventuale evasione fiscale. Stante che il materiale doveva essere smaltito / rigenerato in Turchia, appare verosimile, per le ditte che avevano stretto accordi per conferirlo all’estero, che i costi fossero di gran lunga inferiori a quelli italiani.

Negli ultimi anni al porto di Gaeta si ricorda di un’ imponente operazione della Guardia di Finanza denominata “Libiyan Trucks”, che individuò una rete che portava automezzi e semirimorchi in Libia (5 novembre 2009). Proseguita successivamente (7 novembre 2009) e che ha portato a importanti sviluppi l’11 marzo del 2011 quando fu arrestato un uomo di Cosenza ma con uffici a Spigno Saturnia. Nell’occasione furono denunciate dodici persone, coinvolte a vario titolo per la commissione di una serie di reati quali il riciclaggio, truffa, falso, ricettazione.

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