CADUTO SUL LAVORO, IL SILENZIO SUI FUNERALI DI GIUSEPPE ESPOSITO

Giuseppe Esposito

C’era tanta gente a Minturno alla Chiesa dell’Annunziata per i funerali del 37enne elettricista Giuseppe Esposito. Un silenzio quasi irreale. Tanti gli amici, di più quelli che nemmeno lo conoscevano ma hannno sentito il bisogno di essere presenti solo per testimoniare la loro vicinanza alla famiglia. Giuseppe Esposito è morto mercoledì pomeriggio a Penitro di Formia precipitando dal tetto di un capannone di lamiera che non ne ha sostenuto il suo peso e che, probabilmente, non era nemmeno predisposto a farlo: stava solo montando dei pannelli fotovoltaici. Stava lavorando come tutti i giorni. I Carabinieri della Stazione di Minturno e della Compagnia di Formia, al passaggio del feretro, lo hanno omaggiato con il saluto militare che si dà ai caduti. E’ stato uno dei momenti più intensi del pomeriggio e per cui va reso onore all’Arma. A molti in quel momento sono scese delle lacrime. Caduto sul lavoro Giuseppe Esposito. Come tanti altri prima di lui. Troppi. Don Elio Persichini che ha officiato le esequie era commosso anche lui. “Non so che cosa dire”, ha ripetuto più volte appellandosi cristianamanete al mistero della morte. E sono stati davvero tanti, troppi quelli che non hanno saputo cosa dire. Non un comunicato stampa dalle organizzazioni del lavoro impegnate, ma non giustificate, a difendere chi il lavoro in tutta la provincia lo continua a perdere. Nessuna parola dai politici locali pur presenti ai funerali (abbiamo scorto il sindaco Galasso, Del Balzo, Graziano, Saltarelli, Corona, Zasa), tranne che dall’assessore formiano Giuseppe Treglia. Niente o quasi dalla chiesa locale. Solo Don Simone Di Vito della parrocchia di Scauri, sollecitato da un collega di un quotidiano locale ha dovuto sottolineare “occore interrogarsi sugli aspetti della sicurezza del mondo del lavoro”. La giustizia terrena, se verranno individuati dei responsabili per questa morte, prima o poi arriverà ma certo i tanti silenzi stridono con la tragicità di quanto accaduto. Non un riferimento da Don Elio, durante la sua omelia, al mondo del lavoro. Non una parola dall’arcivescovo Fabio Bernardo D’Onorio che pure ieri ha fatto visita ai lavoratori in crisi della Evotape, testimoniando loro la sua solidarietà. Quella stessa empatia che sarebbe servita anche oggi pomeriggio ricordando ai tanti presenti che affollavano la Chiesa dell’Annunziata che Giuseppe è morto mentre lavorava per portare a casa un salario per sè e i suo cari  ma che la sua anima, per chi ha fede, veniva presa da Dio nel momento in cui il suo corpo precipitava a terra. Sarebbe bastato poco per dare un briciolo di speranza, per chiedere ancora una volta maggiore sicurezza sui luoghi di lavoro ma oggi anche la Chiesa locale non aveva le parole, solo colpevoli silenzi. Pragmaticamente forse anche lei pensava più al lavoro dei vivi che ai morti sul lavoro.

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