SAVINA CAYLYN, “SIAMO RASSEGNATI ALLA NOSTRA SORTE”

“I pirati sono convinti che ci sono delle scorte di gasolio nascoste sulla nave. Non è vero. Ma se non dico dove sono, mi torturano”. E’ la voce rotta da malcelati singhiozzi di Antonio Verrecchia, direttore di macchina della “Savina Caylyn”. La nave della società napoletana Fratelli D’Amato è stata sequestrata al largo della Somalia centoventuno giorni fa, ma alla fine di oltre quattro mesi di prigionia la situazione sembra precipitare e lo stato d’animo dell’equipaggio stagna nella disperazione. “Una disperazione rassegnata — corregge il comandante Giuseppe Lubrano Lavadera — perché oramai ci siamo rassegnati alla nostra sorte, anche se abbiamo paura di morire e questo pensiero ci assilla, ci distrugge l’animo e la mente ogni attimo della giornata”.

Eppure ci provano ancora una volta a chiedere aiuto, a lanciare un appello a fronte del silenzio sulle trattative per il loro rilascio o per il pagamento del riscatto il cui ultimatum è scaduto da tempo. …” Questo un brano dell’articolo: “Aiutateci, i pirati vogliono torturarci” di Irene De Arcangelis tratto da “Repubblica” di questa mattina 10 giugno.
Erano giorni che una coltre di silenzio era ritornata ad avvolgere la sorte della “Savina Caylyn” e dei 22 marittimi, di cui due procidani, Giuseppe Lubrano Lavadera ed Enzo Guardascione, tenuti in ostaggio dai pirati somali dall’8 febbraio scorso, cosa che in molti dava la sensazione e rafforzava la speranza che la trattativa era oramai avviata ed in dirittura finale.


L’ultimo grido di aiuto, invece, fa aumentare ancora una volta la preoccupazione e l’angoscia.

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