LE FIAMME GIALLE DI APRILIA SCOPRONO UN GIRO DI FATTURE FALSE DA 23 MILIONI DI EURO, DENUNCIATI IN SETTE

La Guardia di Finanza di Aprilia ha portato alla luce un’ingente frode fiscale collegata ad un giro di fatture false per un importo superiore ai 23 milioni di euro, che vede coinvolte cinque società pontine e romane, tutte operanti nel settore della progettazione ed installazione di software e hardware: da un lato, tre “società fornitrici” con sede nella Capitale (tutte riconducibili ad uno stesso soggetto, un sessantenne perugino residente a Roma), che provvedevano ad emettere fatture per operazioni inesistenti, e, dall’altro lato, due “società clienti” apriliane che sfruttavano i documenti fasulli, annotando elevati costi per abbattere illecitamente il carico fiscale, anche attraverso la creazione artificiosa di un cospicuo credito ai fini IVA, da utilizzare in compensazione degli altri tributi.

Gli imprenditore denunciati nell’ambito di ben 4 procedimenti penali sono sette: per le società capitoline, oltre al titolare di fatto, un cinquantaseienne di Pomezia, un cinquantenne di Monza ed un quarantaquattrenne rumeno di Milano, mentre per le società apriliane un uomo ed una donna residenti in loco ed infine un quarantenne di Latina.


Si tratta dei rappresentanti legali pro tempore delle società coinvolte in questa maxi evasione, deferiti all’Autorità Giudiziaria di Latina e Roma, a vario titolo, per i reati di associazione a delinquere, riciclaggio, truffa ai danni dello Stato, appropriazione indebita, emissione ed utilizzo di fatture false, distruzione ed occultamento di scritture contabili.

Gli accertamenti sono stati svolti anche attraverso meticolose analisi dei conti correnti, che hanno permesso di ricostruire il meccanismo attraverso il quale gli utilizzatori delle fatture false (le società clienti), al fine di eludere i controlli, provvedevano ad onorare gli importi indicati nelle fatture con modalità di pagamento tracciabili, attraverso intermediari abilitati (banche ed uffici postali).

Successivamente, tali somme venivano prelevate, in maniera frazionata ed in tempi diversi, dai conti correnti delle società fornitrici sui quali era delegato ad operare il titolare di fatto di queste ultime, che tratteneva per sé parte dei contanti e restituiva la restante parte alle società clienti apriliane. A questo punto, il denaro riconducibile all’attività delittuosa era “ripulito”.

Su questo aspetto, naturalmente, è scattata anche la denuncia per riciclaggio dei proventi illeciti derivanti dall’evasione fiscale, per un valore determinato a seguito degli accertamenti bancari superiore ai 15 milioni di euro.

Peraltro, proprio grazie alle ingenti disponibilità liquide derivanti da questo “giro di denaro”, le tre società capitoline erano in grado di svolgere anche un’effettiva attività economica, acquistando “in nero” e rivendendo a prezzi competitivi con emissione di fattura ad ignari clienti, nella prospettiva di non dichiarare nulla al fisco e, nel giro di poco tempo, liquidare le società e sparire.

Una di queste, ad esempio, aveva “dimenticato” di dichiarare ricavi per oltre 14 milioni di euro e versare l’Imposta sul Valore Aggiunto per quasi 3 milioni di euro.