FORMIA, IL COMPLESSO DELLA AURORA IMMOBILIARE RESTA SOTTO SIGILLI

SEQNo, no e ancora no. L’Aurora Immobiliare incassa l’ennesima batosta sulla richiesta di dissequestro, la terza in ordine di tempo, dei 16 appartamenti realizzati in via Acquatraversa, a Formia. Lo scorso 29 marzo la Corte di Cassazione ha bocciato l’istanza presentata dalla società partenopea per rientrare in possesso del complesso residenziale messo in piedi a pochi metri dalla spiaggia di Santo Janni, zona fortemente vincolata.

I giudici supremi hanno dichiarato il ricorso improcedibile, confermando in sostanza i sigilli apposti il 14 febbraio di un anno fa dai Carabinieri della stazione di Formia e dai forestali del Nipaf di Latina. Chiara la delusione del collegio difensivo che, nel caso della Aurora Immobiliare, sta continuando a collezionare una rosa d’insuccessi. Già lo scorso giugno, infatti, la società immobiliare aveva presentato un’istanza bis di dissequestro replicando però lo stesso inconcludente risultato ottenuto qualche mese prima anche dalla difesa del direttore dei lavori, prima davanti al tribunale del Riesame di Latina, poi davanti alla Cassazione.


La speranza che l’ennesimo procedimento potesse andare a buon fine in fondo era tanta: nei mesi scorsi si era parlato di un parere favorevole della Soprintendenza in merito all’autorizzazione paesaggistica, cui poi ha fatto seguito il riconoscimento della Regione Lazio all’applicabilità del piano casa in zone vincolate paesaggisticamente. Elementi a cui gli avvocati difensori si erano aggrappati con le unghie e con i denti, senza però spuntarla.

sequestro aurora immobiliareDiversamente, invece, dalla tesi sostenuta fin dal primo istante successivo al sequestro dalla Procura di Latina che, sentenze alla mano, non sembra essere scalfita di una virgola. Secondo la terna di magistrati – il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia e i sostituti procuratori Giuseppe Miliano e Olimpia Monaco – cui è affidato il caso, per la lottizzazione sarebbe stato realizzato un ampliamento volumetrico del 35% e il mutamento di destinazione d’uso di parte di uno dei due fabbricati persistenti destinati a essere demoliti, oltretutto in assenza del parere paesaggistico.

Alla luce dei vari pronunciamenti, si complica nel frattempo la posizione dei tre indagati. Si tratta del direttore dei lavori nonché consigliere comunale uscente, Erasmo Picano; l’amministratore della società partenopea Antonio D’Ambrosio e il dirigente dell’ufficio tecnico comunale che rilasciò il permesso a costruire Roberto Guratti. Per loro la Procura ha ipotizzato a vario titolo i reati di concorso in lottizzazione abusiva, abuso d’ufficio e falso ideologico.

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