ITRI, INCENDIO NOTTURNO A MONTE GRANDE: CINQUE ETTARI RIDOTTI IN CENERE

*Incendio Monte Grande*
*Incendio Monte Grande*

AGGIORNAMENTO – Per la quarta volta fiamme dolose hanno attaccato monte Grande, il rilievo che si pone a cavallo tra la dorsale montana itrana e quella di Fondi. I primi proditori attacchi erano stati portati all’imponente rilievo nell’ultima decade di luglio: furono tre e tutti caratterizzati da molteplici punti di innesco (quattro la prima volta e ben sette la seconda) attivati in zone a mezza costa da dove il fuoco si sarebbe esteso in modo circolare sul pendio della montagna in modo tale da rendere problematico l’intervento da terra e del tutto impossibile quello aereo, dato che le fiamme hanno preso corpo sempre dopo le ventuno di sera.

In quelle occasioni si riversarono a Itri, oltre gli agenti del Corpo Forestale dello Stato, guidati dall’ispettore capo Roberto Mattei, momentaneo sostituto del comandante Roberto Broccoli,  i Vigili del Fuoco della  squadra 5A del distaccamento di Gaeta, i volontari della Protezione civile della zona, dalla Fenice di Gaeta, i VER di Formia, giunti a dare man forte ai ragazzi dell’ERI del presidente Antonio Maggiacomo e ai volontari dell’associazione faunistica “fra’ Diavolo”, guidati dallo stesso presidente Silverio Sinapi nella lotta contro il fuoco con il solo ausilio di un mezzo pompante acqua e degli scudisci.


Anche questa quarta volta le fiamme si sono sviluppate di notte, verso l’una, facendo accorrere, oltre agli agenti del CFS del comandante Broccoli, i volontari della “fra’ Diavolo” coordinati, come sempre, dal presidente Sinapi. Ben cinque ore è durata la lotta contro le fiamme che hanno distrutto quasi sei ettari di territorio, ricoperto principalmente da macchia mediterranea, pini, querce e carrubi.

Fin troppo evidente l’origine dolosa dell’incendio che, secondo alcuni, ripropone il leit motiv dello scorso anno quando si cercò di bruciare le aree che costituiscono l’azienda faunistica “fra’ Diavolo”, la nuova denominazione delle ex riserve di caccia, per far sì che venisse e mancare l’estensione necessaria per la costituzione di un’area protetta in azienda faunistica  e, costringere, di conseguenza, il sindaco ad annullare l’atto di concessione in gestione dell’azienda. Quindi, secondo gli inquirenti –che, comunque non scartano nessuna ipotesi- potrebbe trattarsi di beghe tra cacciatori per la corsa alla leadership dell’appetita zona protetta che sta conoscendo, da qualche anno a questa parte, un’autentica rinascita sia per la biodiversità che vi trova posto, sia per il regolamento ferreo applicato a tutela e rispetto delle norme che disciplinano la pratica venatoria.