GAETA, IL NUOVO WATERFRONT E IL PONTILE PETROLI SOTTO ATTACCO DELL’ASSOCIAZIONE AGORÀ

La vicenda della delocalizzazione del pontile petroli, concordata tra la precedente amministrazione comunale di Gaeta guidata dal sindaco Antonio Raimondi e l’Eni, stava per scatenare un guerra istituzionale e di campanile, l’ennesima per la verità, tra Formia e Gaeta. Poi si è bloccato tutto, anche in virtù di un contenzioso sulle procedure di dismissione dell’area silos nella piana di Arzano. Procedura sbloccatasi nei giorni passati, come reso noto da un comunicato ufficiale del Comune.

"Una immagine progettuale del nuovo waterfront"
“Una immagine progettuale del nuovo waterfront”

Oggi, perciò, la vicenda del pontile viene rilanciata dall’associazione Agorà che punta il dito proprio contro l’attuale amministrazione comunale, rea, “di non coinvolgere i cittadini nelle decisioni che si stanno prendendo sul pontile e sui 14 milioni di euro da spendere per il waterfront. Con il passare del tempo – affermano – stiamo constatando con sempre maggiore preoccupazione che il metodo di gestione dell’attuale amministrazione è quello del fare prima e informare dopo. La mancanza di trasparenza e di informazione sta diventando un pericolo sempre più serio per Gaeta.


Rileviamo la tenacia e la volontà del nostro sindaco che pur di ‘fare’ spinge alla realizzazione dei progetti che pubblica solo dopo l’approvazione, ma contemporaneamente siamo seriamente preoccupati degli effetti che questo metodo può avere sullo sviluppo della città. Infatti per poter valutare l’impatto di interventi sporadici è necessario avere chiaro il progetto globale che nella fase che stiamo vivendo rimane oscuro ai più. In questi giorni sta emergendo come non solo i cittadini comuni ma addirittura esponenti del Consiglio comunale non riescono ad avere i progetti che sono elaborati in vari studi tecnici da professionisti incaricati in maniera privatistica e che andranno inevitabilmente a condizionare lo sviluppo della nostra comunità.

Tutti sanno che l’Autorità Portuale ha concesso un consistente finanziamento di circa 14 milioni di euro per la sistemazione del water front cittadino. Tutti concordano sulla opportunità e la necessità di migliorare le strutture della città, ma contestualmente ci si chiede il perché del mistero e della mancata trasparenza nella applicazione delle scelte da effettuare. In questi giorni attraverso organi di stampa la città è stata informata della riapertura della trattativa della dismissione dell’area Eni. Notizia enfatizzata come un grande successo che in realtà come già in altre circostanze si riduce ad un proclama privo di contenuto. Su questo punto si ricollega la mancanza di trasparenza sul water front e la trattativa con l’Eni per quello che per la  Gaeta  di oggi è “il problema”, ossia la delocalizzazione del pontile petroli.

Il pontile di Gaeta è, come tutti sanno, l’unico d’Italia ad essere collocato all’interno di un centro densamente abitato, mettendo a rischio tutte le norme di sicurezza a tutela della salute pubblica. E come tutti sanno è un deposito strategico nazionale collegato attraverso condotte fino a Pomezia. Due certezze: non può essere dimesso e non può stare al centro della città. Tutti sono consapevoli di questo e tutti sanno quanto sarà importante per il futuro dell’intero Golfo optare per una sistemazione del nuovo attracco che tuteli gli interessi della comunità e non la soluzione più conveniente per alcuni operatori”. Da qui arriva la domanda che non ammette repliche: “Dove verrà localizzato il nuovo pontile Eni? Sarà collocato offshore o verrà costruito un nuovo pontile?”