Omicidio Barlone, la lente dell’Arma sulle carte e il mistero degli occhi elettronici

*Don Patrizio*
*”Don” Patrizio in una foto degli anni scorsi*

Mentre la pista del movente economico continua ad essere battuta con sempre maggior convinzione, seconda giornata d’intenso lavoro, per i carabinieri che indagano sull’omicidio del 61enne “don” Patrizio Barlone, il falso prete ed ex diacono rinvenuto cadavere intorno alle 9 di lunedì all’interno della propria abitazione di Monte San Biagio, la mattina successiva la festa patronale.


DSCN3822Dopo il primo intervento, a margine della scoperta, da parte della scientifica di Latina, martedì alla ricerca di eventuali impronte e tracce presenti sulla scena del crimine si sono portati gli uomini del Ris di Roma. L’arrivo in paese quando erano circa le 11. Intorno a mezzogiorno, chiuso il briefing organizzativo presso la vicina caserma dell’Arma – che dal civico 11, luogo del delitto, dista appena pochi metri – mano a tute bianche, mascherine e strumenti da lavoro. Dalle normali fotocamere alle lampade d’ultima generazione “crimescope”, dal luminol alla cosiddetta “supercolla” e altri reagenti chimici. Per un insieme di accertamenti tecnici irripetibili andati avanti in maniera certosina fino a quando erano le 20,30. Portando ad acquisire, tra il materiale repertato nella casa della vittima, che va ad aggiungersi a quello reperito dalla scientifica del capoluogo, alcuni fogli manoscritti. “Carte” imprecisate che, chissà, potrebbero contenere nominativi o cifre. Non necessariamente la soluzione del mistero. Ad ogni modo una tessera che, nel puzzle del delitto, potrebbe assumere una sua rilevanza, anche alla luce del passato del 61enne ammazzato, prete mancato con un vecchio arresto per usura e diverse altre vicende giudiziarie.

*Telecamere indigeste*
*Telecamere indigeste*

La chiave di volta potrebbe però essere un’altra: gli occhi elettronici delle telecamere. Diversi, i filmati acquisiti dai carabinieri. Dal sistema di videosorveglianza del Comune; da quello della Municipale; da quello dello stesso presidio locale dell’Arma. Telecamere, queste ultime, particolarmente indigeste a “don” Patrizio: la scorsa estate, in nome della riservatezza, aveva fatto fuoco e fiamme per la loro disattivazione. Aveva “bussato” all’amministrazione, al comandante provinciale dei carabinieri Giovanni De Chiara, addirittura al Garante della privacy. Per essere infine denunciato: di volta in volta, pur non essendolo mai stato ed oltretutto incurante dell’annosa sospensione a divinis da diacono per la sua condotta ritenuta “immorale”, si era presentato come sacerdote. A conti fatti, aveva comunque vinto: la visuale dell’obbiettivo “molesto” che guardava su parte della sua porta venne corretta.

*Il passaggio secondario*
*Il passaggio secondario*

Quel tanto che bastava, forse, per evitare a chi agito di essere immortalato al momento di suonare all’uscio di “don” Patrizio, secondo i rilievi iniziali ucciso domenica, con ancora in corso la festa patronale per l’Ottavario di San Biagio: entrambe le telecamere dell’Arma inquadrano comunque gli accessi della centralissima via Roma, in prossimità della casa di Barlone; ma, con lo spostamento dei mesi scorsi, potrebbe non essere più inquadrato l’unico passaggio secondario. Quale? La scalinata che si trova sul lato sinistro della casa della vittima, che porta a “tagliare” e scende nel giardinetto di piazzale Saint Romain Le Puy, e poi ancora più giù in paese. La via di fuga più probabile di chi ha agito. Che, così fosse, se ha magari evitato il sistema di sorveglianza della Stazione dei carabinieri, potrebbe non aver fatto altrettanto con quello della Municipale.

 

GLI ESAMI SUL CORPO

*Il dottor Filippo Milano*
*Il dottor Filippo Milano*

Martedì il sostituto procuratore di Latina Maria Eleonora Tortora ha formalizzato l’incarico per gli accertamenti medico-legali: saranno eseguiti venerdì presso la camera mortuaria del cimitero di Terracina, dove la salma di Barlone è stata trasportata lunedì. Sono stati affidati al dottor Filippo Milano, che già a qualche ora dall’allarme si era portato in via Roma esaminando esternamente il cadavere. La vittima si trovava a pancia insù sul pavimento della zona giorno, vestita con una camicia e un pantalone neri, mani e piedi bloccati da alcune fascette in plastica. Era in una pozza di sangue, “don” Patrizio. Infilato in bocca un indumento, una sciarpa pare, con tutta probabilità per evitare che potesse gridare. Avvolto intorno alla testa, una specie di plaid multicolore. Proprio al capo, in particolare nella parte posteriore, diversi colpi inferti con un corpo contundente non rinvenuto e che resta da identificare. Nessuno dei quali, all’apparenza, così profondo da ucciderlo. Come del resto le altre ferite di diversa tipologia notate sul cadavere, tra cui delle ecchimosi. Tanto che, al di là di percosse e violenti colpi, non è escluso che la morte del 61enne possa essere sopraggiunta per la sola occlusione delle vie respiratorie. Un quadro generale piuttosto articolato, che di sicuro – è lui stesso a prospettarlo – renderà il prossimo esame autoptico in salita anche per un medico legale di provata esperienza come il dottor Milano. Oltre che le esatte cause del decesso e l’arma utilizzata per infierire sul 61enne ex diacono, le risultanze dell’autopsia dovranno tentare di svelare al più presto un altro particolare cruciale ai fini delle indagini: l’ora in cui Barlone ha esalato l’ultimo respiro, per adesso ipoteticamente collocata tra il tardo pomeriggio e la prima serata, a festa patronale in corso.

 

IL PERSONAGGIO

*Patrizio Barlone in una foto d'epoca*
*Patrizio Barlone in una foto d’epoca*

Un personaggio di sicuro discusso e controverso, “don” Patrizio, come ha sempre amato farsi chiamare il 61enne di Monte San Biagio ucciso, a lungo insegnante di religione a Cassino, prete mancato e da anni ex diacono, sospeso a divinis ed interdetto nelle esercizio di qualsiasi Ministero della Curia. Non è mai stato sacerdote, eppure la sua vocazione doveva essere forte. Come dimostra anche quella volta che si presentò da un legale della zona inviperito: voleva denunciare l’allora papa Joseph Ratzinger per una presa di posizione di tipo teologico. Oltre che di fede, come non ha perso occasione di ricordare, uomo di carattere, la vittima. Con un passato non sempre limpido. Anni prima, venne arrestato per usura. Note, in paese e non solo, le presunte amicizie altolocate in Vaticano e gli appoggi nell’Arma dei carabinieri che l’uomo diceva di avere. Circostanze, queste, finite anche all’attenzione delle forze dell’ordine. Come pure era nota la sua passione per il mare e per le barche. Oltre che per la propria riservatezza. E’ in nome della privacy che era iniziata l’ultima storia, lo scorso agosto, che lo aveva visto incappare nell’ultimo guaio giudiziario, per la disattivazione dell’impianto di sorveglianza vicino la caserma dei carabinieri.