Omicidio Piccolino, il killer capace di intendere e di volere. Rossi: “Non sono pentito”

Michele Rossi accompagnato fuori dal Commissiariato di Formia

L’omicida dell’avvocato e blogger di Formia Mario Piccolino, Michele Rossi, al momento dell’uccisione avvenuta il 29 maggio scorso, era capace di intendere e di volere. Nel pomeriggio di ieri, infatti, presso il Tribunale di Cassino, avanti il Gip Dr. Angelo Valerio Lanna, si è tenuto l’incidente probatorio per valutare le condizioni psichiatriche di Michele Rossi, l’omicida reo confesso dell’avvocato Mario Piccolino. E’ stata sentita la dottoressa Annarita Tomassini, la psichiatra nominata come consulente dal Tribunale, la quale ha concluso, come da corposa perizia depositata una settimana prima, per la piena capacità di intendere e di volere dell’assassino, tanto al momento del delitto che allo stato attuale. Il Rossi, secondo la Tomassini, è affetto da un “disturbo della personalità”.

Ha spiegato la consulente del Tribunale che chi è affetto da tale disturbo ha un’idea grandiosa di sé, un costante bisogno di ammirazione, mancanza di empatia; i narcisisti tendono a considerarsi migliori degli altri, ad esagerare le proprie capacità, ad esaltare i propri successi, apparendo spesso presuntuosi, e pensano di potersi permettere di avere o fare cose speciali che gli altri non possono permettersi. Tale disturbo, però, non ha compromesso la capacità di intendere e volere dell’assassino, cioè le funzioni psichiche relative alla sfera della volizione e i processi cognitivo affettivi che sono alla base di un corretto giudizio critico e morale, proprio perchè non era presente una destrutturazione psicotica o borderline della personalità. La consulente ha poi riferito le parole del Rossi durante i due lunghi colloqui avuti nel carcere di Cassino: questi ha dichiarato che “al momento non mi sento in colpa, tre mesi di carcere non mi hanno fatto cambiare idea; avrei dovuto farlo prima, non ho commesso una cosa ingiusta ma solo una cosa illegale”.


Nel corso dell’incidente probatorio, è stato sentito il perito di parte della difesa del Rossi, il dr. Pietro Tarsitano, medico legale, il quale ha sostenuto che il disturbo narcisistico della personalità dell’omicida era tale da sconfinare nel delirio e, quindi, da far scemare, in tutto o in parte, la sua capacità di intendere e di volere. Il dr. Raffaele Chianese, psichiatra della difesa della parte civile, primario del reparto di igiene mentale dell’ospedale di Formia, ha concordato con le conclusioni cui è giunta la Tomassini, spiegando come i due ictus che hanno colpito negli anni scorsi il Rossi non hanno compromesso le sue capacità intellettive e cognitive, ma solo quelle motorio-prassiche, con difficoltà di movimento che, peraltro, i mesi di riabilitazione hanno di molto attenuato se non cancellato. <

I periti hanno risposto alle domande loro rivolte dal Giudice Lanna, dal Pubblico Ministero Alfredo Mattei, dalla difesa del Rossi, avvocati Andrea Di Croce e Francesco Sabatino, e della costituenda parte civile dr. Marco Piccolino, avvocati Alberto Scerbo e Michele Piccolino. La difesa del Rossi, a chiusura dell’udienza, ha preannunciato di voler depositare degli accertamenti psicologici cui il Rossi sarebbe stato sottoposto durante la sua permanenza in carcere. A questo punto, dissolto il dubbio circa la capacità del Rossi, è ragionevole pensare che la Procura di Cassino promuoverà un giudizio immediato: sarà quella la sede per vedere se la difesa dell’imputato sceglierà di affrontare un giudizio in corte di assise o un giudizio abbreviato, magari condizionato. Lo scenario processuale è tale che presto, forse anche prima della fine dell’anno, si giungerà a una sentenza, almeno di primo grado.