Comunità montana, sprechi e buchi neri: dossier alla Corte dei conti

Un dossier alla Corte dei conti sul “lato oscuro” della XXIIesima Comunità Montana. Verrà inviato a breve a firma di sei rappresentanti di minoranza dell’ente di via del Mare, intenzionati a chiedere ai magistrati contabili di indagare in merito a sostenute illegalità amministrative e ad un annesso, paventato sperpero di denaro da parte della maggioranza forzista al comando di quella a suo tempo nota, chissà perché, come “Comodità Montana”.

A richiedere l’intervento della Corte dei conti, la minoranza comunitaria rappresentata dai delegati di quattro dei cinque Comuni dell’ente. Giorgio Di Fonzo e Marco Mastrobattista, da Lenola, i terracinesi Sergio Meneghello e Domenico Villani, il monticellano Nicola Grossi e la campomelana Elena Marsella. A fare da capofila, gli agguerriti lenolesi. Esponenti, nel loro Comune, del gruppo di maggioranza “Lenola Rinasce”. Civica che già in passato non aveva perso occasione per puntare il dito contro la gestione “allegra” della Comunità, soprattutto dall’alto degli oltre 27mila euro che da Lenola debbono versare ogni anno dal proprio bilancio a quello dell’ente. Balzello ricordato anche ora, appena tornati a soffiare sulla polemica politica a pochi giorni dalla mancata ratifica del discusso bilancio preventivo comunitario, saltata anche per qualche voto contrario dalla maggioranza. A più di qualcuno, è evidente, i conti non tornavano. Per un consiglio che per la Comunità Montana ha rappresentato solo l’ennesima occasione di tornare alla ribalta per qualcosa che non va. “Pensiamo si sia toccato il fondo della trasparenza, legalità e dei capisaldi normativi della contabilità degli enti locali”, hanno detto da “Lenola Rinasce” invocando la mano dei “vigili” contabili. Qualche esempio? “Tutti gli atti portati in consiglio erano privi dei necessari allegati, che invece dovevano essere disponibili, come affermato dal presidente all’atto della convocazione, dal primo settembre. Addirittura una comunicazione inviata dalla Prefettura ai consiglieri Di Fonzo e Mastrobattista è stata tenuta nascosta”. Ci sono poi delibere approvate dopo oltre tre mesi, “in spregio alle leggi che prevedono tempi certi (60 giorni, ndr) per la ratifica da parte del consiglio, pena decadenza delle stesse delibere”. E, immancabile, il famoso bilancio preventivo. Passaggio travagliato, “approvato due volte dalla giunta ed una dal consiglio”, come ricordato dalla civica del sindaco lenolese Andrea Antogiovanni. “Alcune disposizioni legislative sui bilanci non sono state approvate mai dal consiglio, oppure approvate dalla giunta nella consapevolezza di essere fuori termine”. Insomma, confusione a go-go. E con un unico fine, secondo “Lenola Rinasce”: “Avere le mani libere per spendere soldi a casaccio, come abbiamo più volte denunciato”.