Dallo spaccio di eroina alla guida della Croce Rossa. Il pesante passato del presidente Francesco Rocca

Spaccio di eroina e 3 anni e 2 mesi di reclusione, poi diventato un anno di libertà vigilata. Comprava l’eroina da venditori nigeriani e la rivendeva in dosi fino ad un massimo di 40 grammi. Sembra, per un fresco maggiorenne, il principio di una lunga carriera criminale e invece è il passato giudiziario addirittura dell’attuale presidente nonchè ex commissario straordinario della Croce Rossa Francesco Rocca. Che inoltre è anche vicepresidente della Federazione Internazionale di Croce Rossa, il presidente dell’istituto dermatologico dell’Immacolata, è stato anche direttore per 5 anni dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, dopo averla inaugurata, ed è stato alla guida del dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma.

Si tratta tuttavia di una cronaca giudiziaria datata di quasi 30 anni, risalente al 1987. E infatti oggi Rocca ha 46 anni e non è solo la prestigiosa carriera alle spalle, ma sono stati gli stessi giudici a ravvisarne pentimento e collaborazione, così Rocca incassò non solo uno sconto di pena di due mesi ma anche la riabilitazione, ottenuta dal tribunale della Sorveglianza dieci anni dopo e cioè nel 1997. Dopotutto c’è da crederci visto che lo stesso Rocca “è – come si legge sul sito internet di Cri – da sempre impegnato nel mondo del volontariato, ha maturato come volontario della Caritas un’esperienza pluridecennale nell’area dell’assistenza ai migranti e del disagio giovanile, contribuendo alla creazione, progettazione e avvio di tre case famiglia per minori e di un centro di pronta accoglienza per adolescenti“.


Insomma l’errore, non proprio una ragazzata, è stato fatto, ma dopotutto lo spirito cristiano sul quale fonda le proprie radici l’organizzazione (l’emblema è una croce), professa il perdono e la redenzione e Rocca dimostra di essere compatibile con tali valori. Ma viene da chiedersi se il suo passato è conosciuto in quegli ambienti? O da chi ha deciso per la nomina. Spesso fin troppo intransigenti e perbenisti riguardo certi temi, o certi sbagli dai quali si tenta di recuperare. Dopotutto le attuali responsabilità di Rocca sono di una certa importanza, non solo nazionale ma anche internazionale, è in gioco la reputazione dell’intera nazione italiana, se ne è rimasta, ma anche vaticana, che spesso sono la stessa cosa, e che altrettanto spesso vengono prima delle attività che l’organizzazione svolge.

Maria Teresa Letta
Maria Teresa Letta

Ma il casellario giudiziario influisce sulla nomina addirittura a commissario straordinario prima che di presidente della Croce Rossa? Si pone una questione morale o non è importante essere a conoscenza di questo fatto? Rocca con tutta probabilità si ricandiderà alla guida della Croce Rossa, proseguendo al timone dell’organizzazione dopo i primi 7 anni. Restano tuttavia una serie di nodi da scogliere per questa importante organizzazione, non solo nei legami con la Chiesa e la politica ai suoi massimi vertici (la vicepresidente è Maria Teresa Letta, zia dell’ex presidente del Consiglio Gianni Letta – eletta nel 2013 – il cui zio era anche sottosegretario del governo Berlusconi), ma anche e soprattutto negli equilibri, nei rapporti forza e zone d’ombre dei comitati regionali, provinciali, comunali. La trasparenza, dopotutto, come ricorda il collega Antonio Loconte de Il Quotidiano Italiano, è un principio alla base del nuovo codice etico introdotto dallo stesso Rocca. E tale silenzio su un fatto così grave, seppur appartenente al passato, non stride col nuovo corso?

Al di là dei giudizi, anacronistici a questo punto riguardo Rocca, e che comunque non spetterebbero a noi, resta inevitabilmente apertissima, in questa fase che sembra di passaggio, la questione morale sulla trasparenza, le dinamiche di gestione interne al nucleo centrale e ai comitati satellite, i rapporti con la politica anche a livello locale e, come detto, con la Chiesa. Specie se Rocca dovesse effettivamente ripresentarsi, in ogni caso, ci sarebbe un precedente che ostacolerebbe quel processo di trasparenza che porti finalmente a percepire l’ente – ribadiamo in particolar modo sui territori – come un organismo aperto, limpido, senza scheletri, leale e, soprattutto, libero.