Inchieste, Fabio Bernardo D’Onorio da Veroli: l’ex arcivescovo giornalista

Le Ombre e l’amore per l’arte

Ma le rivelazioni più scottanti sono arrivate proprio l’anno scorso e rischiano di sancire una chiusura dell’esperienza da arcivescovo per D’Onorio, senza il “dulcis in fundo”. Stando almeno a quanto affermato (martedì 20 gennaio, ndr) nel corso di una conferenza stampa organizzata dall’istituto della Santissima Annunziata Ipab.


Inauguarazione casa famiglia, Regina Apostolorum
Inauguarazione casa famiglia, Regina Apostolorum

Una collaborazione che con l’arcivescovo va avanti da tempo e che a Gaeta ha portato anche all’apertura di una casa famiglia, la Regina Apostolorum. Eppure sin dall’insediamento dell’arcivescovo c’è qualcosa che non torna, nel vero senso della parola. Risale infatti al 2008, secondo quanto rivelato durante la conferenza stampa, una richiesta da parte dell’arcivescovato di avere in prestito dall’Ipab alcuni oggetti d’arte di inestimabile valore, da mettere in mostra al museo diocesano. Richiesta accolta, eppure da allora nonostante le numerose sollecitazioni e a distanza di 7 anni, quelle opere (ori, argenti, quadri, manufatti, statue e altro) sono ancora nelle mani dell’arcivescovo che, su esplicita richiesta, ha risposto che “stanno bene dove stanno”. E in effetti dall’Ipab hanno certezza che le opere non sono danneggiate, eppure non dovrebbero stare lì, ma d’altra parte è risaputo l’immenso amore che “Sua Eccellenza” ha per il prossimo …… oggetto d’arte. Storica anche l’amicizia con il critico d’arte, già onorevole, Vittorio Sgarbi.

annunziata gaetaE la stessa fine l’hanno fatta alcuni frammenti di affresco della Cappella d’Oro, entrati in possesso dell’arcidiocesi e mai più tornati all’Ipab. Tutte opere che sarebbero dovute servire all’allestimento di un archivio storico e un museo all’Annunziata. Contestualmente è allora arrivato l’annuncio dell’ente che dovesse seguitare questa situazione a distanza di sette anni, arriverà una diffida nei confronti dell’arcivescovo. Passa solo un anno da questo accordo e la storia si ripete. Questa volta a firmare la convenzione sono Raniero De Filippis, ex direttore regionale dell’Ipab e funzionario della Regione Lazio, arrestato nell’inchiesta sulla discarica di Malagrotta e oggi indagato per la maxi mazzetta del Caso Di Stefano, e proprio Sua Eccellenza. I due si accordano sulla cessione della Cappella D’Oro e del Santuario da parte dell’Ipab all’arcidiocesi, in cambio del corrispettivo di una cifra annuale a titolo di canone da riconoscere all’Annunziata. Cifra a quanto pare mai versata, mentre all’interno dei due beni si sono continuate a svolgere le cerimonie dei Sacramenti, che si pagano, con le utenze a addebitate però all’Ipab.

Raniero De Filippis
Raniero De Filippis

Infine, nel 2012, i rapporti tra De Filippis e D’Onorio si consolidano ulteriormente: l’arcidiocesi chiede infatti un finanziamento alla Regione Lazio per un importo di 900mila euro per restaurare il duomo di Gaeta. In cambio l’arcivescovo si impegna a cedere due immobili all’Annunziata per svolgere le attività proprie all’ente nel campo del sociale. Una triangolazione anomala, tuttavia contemplata dalla legge, visto che De Filippis rappresenta allo stesso tempo sia l’Ipab, in quanto presidente, sia la Regione Lazio in qualità di funzionario firmatario della convenzione. Un accordo sul quale proprio nella conferenza stampa di martedì i vertici dell’Ipab hanno affermato: “una procedura bizzara”. Infatti il finanziamento è stato ricevuto dall’arcidiocesi, al contrario però i beni, un vecchio convento a Pastena, in disuso, e un terreno nella zona di san Francesco a Gaeta, non sono stati ceduti. Rispetto al primo l’Ipab ha rinunciato all’acquisizione, mentre il terreno è stato ceduto dopo non poche resistenze solo il 30 dicembre scorso. Si tratta comunque di un atto provvisorio visto che insiste sul terreno un vincolo paesaggistico che può essere sciolto solo dopo previa approvazione del Ministero dei beni culturali che vanta una prelazione.

In ogni caso queste rivelazioni sono finite tutte nelle mani dell’Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, anche nel rispetto della legge Severino, e a salvaguardia dell’Ipab, che si è voluta tutelare, osservando “religiosamente” questa recente norma, che impone agli enti pubblici anche la nomina di un responsabile anticorruzione che deve seguire attentamente le procedure in atto.