Archiviato il dolce, si volta pagina. I convenuti tornano nella sala principale, intanto passata ad un crescente sottofondo da discoteca. Serata in apparenza normalissima. Ma quale privè? Non fosse stato per qualche particolare, a cominciare dai succitati, succinti vestititi da scolaretta peccaminosa indossati da quelle che saranno le vere protagoniste della serata, ci si sarebbe potuti trovare in qualsiasi altro posto. Davvero.
È col dopocena che si palesa la discesa nella trasgressione, fin lì solo percettibile. La mezzanotte è passata da non molto. Alle circa venti coppie presenti dall’inizio, se ne aggiungono altre che hanno appena fatto capolino nella villa. La sala è sempre più colma, l’ambiente sempre più carico. Incominciano le danze. Prima quelle vere. A seguire, gradualmente, le altre. Quelle più attese.
Si procede per evoluzione naturale, col timone preso come da sperimentato programma da una manciata di lei tutto pepe e tacchi a spillo. Meno di trent’anni a testa, per la gioia degli occhi degli astanti conquistano di diritto l’attenzione generale tra balletti, ammiccamenti, sfregamenti reciproci. Gli altri, se non si agitano al ritmo della musica, parlottano o guardano intrigati l’improvvisato spettacolino saffico, magari sorseggiando un drink. Nel frattempo, con le lady passate alla lingerie, le mise già striminzite di quelle maggiormente scatenate cominciano a perdere i pur esigui pezzi. È un fiorire di turgidi topless. L’eros prende forma e peso, si fa rovente. Per puro caso chi vi scrive è a qualcosa come trenta, quaranta centimetri dal clou. D’un tratto, matura il bisogno di qualcosa da bere. E di allontanarsi almeno di una manciata di spanne dalla gioiosa calca lesbo-danzereccia. Per il prosieguo, meglio abbandonare i formalismi del plurale maiestatico e affidare questa particolare narrazione alla prima persona. Alla presa diretta.
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