Casal di Principe – Cassino – Formia: linea diretta con i Casalesi

Le vicende dell’ex capozona dei Casalesi Vincenzo Alfiero

Cassino perché? Alfiero aveva rapporti particolari con rappresentanti del gruppo La Torre-Beneduce di Mondragone, clan che entrò a pieno titolo nell’omicidio avvenuto nel 1995 nella città martire del noto avvocato Enzo Avino. Ma anche perché, stando alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, il figlio di Alfiero (nel 2010 scelse di collaborare con la giustizia  ma decise in ultimo di fare un passo indietro dopo un colloquio in carcere con la giovane moglie) dopo la strage del settembre 2008 a Castelvolturno avrebbe esortato il padre a far calmare le acque nel cassinate, laddove  a Campozillone, una frazione di Mignano Montelungo, il 14  gennaio di otto anni fa ebbe fine la latitanza di Setola.


Alfiero da tempo, comunque, era libero, aveva scontato la sua condanna inflitta al processo “Spartacus” ed era tornato nella sua abitazione di via Imola a Casale. In precedenza, all’età di 76 anni, dovette tornare in carcere a seguito di un’ordinanza supportata dalle inchieste della Dda e di uno dei suoi magistrati di punta, il Pm Giovanni Conso.

Il suo primo arresto è davvero datato: risale al 1983 quando finì in carcere, insieme a 116 persone, poiché accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso per una presunta affiliazione al cartello della Nuova Famiglia all’epoca facente capo ad Antonio Bardellino. Secondo diversi collaboratori di giustizia Alfiero si sarebbe sempre occupato del settore del movimento terra, arrivando a costruire case e bunker per il clan, ad occuparsi delle estorsioni ai cantieri e agli appalti di opere pubbliche in diversi comuni dell’alto casertano.