Katia, la primogenita di ‘Cicciotto ‘e Mezzanotte’ che da Formia reggeva il clan Bidognetti

A PAGINA 2 ‘L’ARRESTO DEL FRATELLO GIANLUCA NEL 2008’

A PAGINA 3 ‘IL PRINCIPE E LA (SCHEDA) BALLERINA E LA FOTO CON IL CONSIGLIERE FORMIANO’


A PAGINA 4 ‘IL RITORNO NELL’OMBRA’

A PAGINA 5 ‘KATIA, FIGLIA DEL PADRE’

 

LA VERA VITA DI KATIA – Così la giovane madre scalava posizioni nella gerarchia del clan cercando di dimostrare la propria autonomia e concedendo alla sorella Teresa un assegno di soli, a parere del padre, 600 euro al mese: “Io mi sono scocciata papà, il fegato non lo tengo più”, riferiva la primogenita durante un colloquio in carcere. I molti arrestati nella fazione, le loro famiglie a cui andavano in ogni caso pagati i numerosi ‘stipendi’, le disponibilità economiche calate, pur di mantenere il suo tenore di vita la giovane donna aveva ripreso anche l’attività estorsiva “in pregiudizio di donne che si prostituiscono lungo la Domitiana a Castel Volturno”. E questo attraverso Americo Quadrano, già accusato di aver chiesto voti agli elettori per il candidato designato dal clan a Castelvolturno (inchiesta “Il principe e la (scheda) ballerina”), e Aulitto Ciro, sotto la supervisione di Giuseppe Bianchi, Stanislao Cavaliere e Dionigi Pacifico Dionigi, tutti soggetti finiti in carcere.

Gaetano Cerci
Gaetano Cerci

Così come Gaetano Cerci, già detenuto e destinatario di una nuova ordinanza di custodia cautelare: l’uomo dei rifiuti coinvolto in un’indagine sulla P2 negli anni ’80 e che, condannato un anno fa a sedici anni insieme all’inventore delle ecomafie, l’avvocato Cipriano Chianese, nel processo sulla discarica Resit di Giugliano, sarebbe stato il gancio del clan dei Casalesi per lo smaltimento di rifiuti tossici dalla Toscana in Campania negli anni scorsi. Un’ascesa decisa e senza remore, che lo scorso 24 gennaio aveva portato a tre attentati dinamitardi a Parete all’esterno di altrettanti esercizi commerciali. A metterli in atto Vincenzo Bidognetti, o’ Bellillo, incensurato e omonimo del clan, collante tra le tre donne (Katia, Teresa e Orietta Verso moglie del fratello Raffaele), unico autorizzato ad incontrarle.

Così viveva la rampolla del clan Bidognetti, facendo la spola con le case circondariali dove i famigliari erano detenuti, ricevendo e diffondendo i messaggi del capostipite, curando la cassa del clan e, come rivela un filone dell’inchiesta, avendo anche un ruolo di primo piano nel riscuotere le estorsioni. Presentandosi ad esempio con regolarità (dal 2012 al 2014), presso un locale di Aversa che il marito Lubello, in passato condannato anche a sei anni e otto mesi di reclusione per associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni tra cui un terreno a Penitro, aveva costretto ad acquistare un ingente quantitativo di vini: “Ricordo che malgrado il mio invito a Katia a non venire al ristorante – testimonia il ristoratore estorto, il cui socio è legato a una famiglia di costruttori conosciuta anche a Sperlonga -, la stessa si ripresentò dicendomi che non c’era nulla di male in quello che stava facendo perché il marito mi aveva venduto il vino.

Non mi ribellai alla volontà di Katia prosegue l’estorto -, malgrado la sua presenza presso il locale mi desse fastidio, perchè avevo timore in quanto era la figlia di Bidognetti Francesco”.