Inchiesta sulla metro: il Riesame conferma il sequestro di 219mila euro a Zaccheo

Vincenzo Zaccheo

Ricorso respinto. Il Tribunale del Riesame di Latina ha confermato il sequestro di beni per un valore di 219.100 euro bloccati dalla Guardia di finanza all’ex sindaco Vincenzo Zaccheo, uno dei dieci indagati nell’inchiesta sulla metro di Latina. Un provvedimento disposto dal sostituto procuratore Cristina Pigozzo e convalidato dal gip Giuseppe Cario, preso ai fini della confisca su un patrimonio totale di oltre tre milioni e mezzo di euro.

A Zaccheo, difeso dall’avvocato Zeppieri e il primo che aveva tentato la strada del Riesame, sono stati sequestrati tre immobili a Latina. Sigilli invece a un conto corrente postale da 95.385 euro del dirigente comunale Lorenzo Le Donne, a due immobili in provincia di Grosseto e uno a Napoli dell’avvocato Giovanni Pascone (valore 834.600 euro), entrambi in attesa della discussione del ricorso al Riesame fissata per la prossima settimana, a due immobili a Padova di Vincenzo Surace (valore 180.600 euro), a due immobili a Venezia di Pierluigi Alessandri (valore 1.081.700 euro), a un conto corrente da 72.882 euro di Cecilia Simonetti, a un immobile a Lonigo di Aldo Bevilacqua (valore 590.700 euro), a quattro immobili ad Asiago di Mauro Gemmo (valore 285.150 euro) e a tre immobili, sempre ad Asiago, di xxxxxxxx xxxxx – il nominativo della società è stato cancellato nel luglio del 2022 in ossequio a una richiesta di diritto all’oblio – (valore 285.150 euro) .


Secondo il sostituto procuratore Pigozzo attorno alla metro sarebbe stata consumata una truffa milionaria, con un fiume di denaro uscito dalle casse pubbliche senza che nel capoluogo pontino sia stato posato un binario. Il progetto della metropolitana leggera doveva portare a collegare il centro cittadino con Latina Scalo e con i quartieri Q4 e Q5, affidato dalla giunta a “Metrolatina”, raggruppamento di imprese composto da Sacaim spa, xxxxxxx spa (il nominativo della società è stato cancellato nel luglio del 2022 in ossequio a una richiesta di diritto all’oblio), Costruzioni Iannini, Atral scarl, e Montele srl. Ma, per gli inquirenti, l’intera operazione sarebbe stata solo frutto di forzature e il finanziamento sarebbe stato ottenuto dal Cipe ingannando il Ministero dei trasporti, facendo alla fine finire nelle case di Metrolatina 3.663.000 euro come acconto sul primo stato di avanzamento lavori nonostante non fosse stato aperto neppure il cantiere, destinando quel denaro all’acquisto dei vagoni dalla società produttrice francese. Una truffa dunque.

Dieci appunto gli indagati, accusati a vario titolo di truffa aggravata, tentata truffa e falso: l’ex sindaco Zaccheo, il responsabile unico del procedimento Le Donne, il direttore dei lavori Surace, l’advisor del Comune, l’avvocato Pascone, e i legali rappresentanti delle imprese Sacaim, Alessandri e Simonetti, Gemmo, Irene, Mauro e xxxxxx xxxxxx (il nominativo della società è stato cancellato nel luglio del 2022 in ossequio a una richiesta di diritto all’oblio), e Metrolatina, Bevilacqua, per i quali è stato appunto disposto il sequestro da 3.662.317 euro, la somma elargita il 16 febbraio 2011 a Metrolatina.

La tentata truffa, secondo il sostituto Pigozzo, consisterebbe invece nella citazione a giudizio del Comune, fatta il 19 dicembre 2014 da Metrolatina, reclamando oltre 3 milioni di euro a saldo del primo stato di avanzamento lavori, il pagamento del secondo e il pagamento di oltre 31 milioni come risarcimento danni.

Il gip Cario ha convalidato il sequestro evidenziando che il contributo regionale previsto in base ai chilometri che avrebbe percorso la metro e al numero dei passeggeri, alla base del finanziamento ottenuto dal Cipe, non era mai stato approvato dalla Regione, non essendo stato rinvenuto un atto in tal senso. Sottolineato poi che i fondi erano stati ottenuti garantendo al Ministero, l’8 novembre 2005, che per l’infrastruttura c’era un progetto definitivo, quando invece l’incarico anche per la progettazione venne affidato a Metrolatina solo nel 2007, il progetto adottato dal consiglio comunale nel 2009 e la relativa variante urbanistica disposta soltanto nel 2011.

Essendo l’operazione stata bloccata dal commissario prefettizio Guido Nardone il giudice Cario non ha poi mancato di evidenziare che, come emerso in altre inchieste, ancora una volta a Latina a compiere un controllo di legalità è stato un commissario straordinario.

Nel provvedimento è stato inoltre specificato che il Comune è proprietario solo del 58,32% delle carrozze, non essendo stata saldata la commessa, e che tale somma è stata anche trattenuta da Metrolatina, senza dunque pagare la società costruttrice francese.

Il gip, infine, ha insistito sul tentativo di truffa, salvando così di fatto l’inchiesta dalla prescrizione. Per quanto riguarda la truffa contestata agli indagati, la prescrizione scatterebbe infatti nell’agosto 2018, ma il tentativo di truffa, secondo il giudice, fa inquadrare la vicenda come un reato “a consumazione prolungata”, facendo così slittare il termine della prescrizione al 2020.