1 Maggio: la festa dei lavoratori tra storia e tradizioni, fino ai nostri giorni

“Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire. Con questa parola d’ordine – quasi due secoli fa – i lavoratori di tutto il mondo dettero vita ad una straordinaria mobilitazione che vide il suo apice nella data del 1 maggio 1886″.

Ricorda il circolo “Enzo Simeone”, partito della Rifondazione Comunista di Formia


“Lo sciopero per la riduzione dell’orario lavorativo e per migliori condizioni di lavoro, partito dalla fabbrica di macchine agricole McCormick a Chicago, si espanse a macchia d’olio e centinaia di migliaia di lavoratori incrociarono le braccia, le grandi manifestazioni che seguirono furono represse nel sangue, con l’uccisione nei soli Stati Uniti di 21 manifestanti e l’ingiusta condanna di 8 organizzatori sindacali anarchici (i ‘Martiri di Chicago’) che avevano partecipato alle proteste. L’accusa fu di “aver istigato allo sciopero e ai disordini.”

Degli otto attivisti, Oscar W. Neebe venne condannato a quindici anni di carcere; gli altri sette vennero condannati alla forca: Adolph Fischer, August Spies, George Engel e Albert Parsons, vennero impiccati nel novembre dell’anno successivo, Luis Lingg morì suicida in carcere due giorni prima dell’esecuzione, per Michael Schwab e Samuel Figline, la pena venne commutata in ergastolo.

In onore di tali mobilitazioni il 1 maggio divenne la Giornata internazionale del lavoro, in Italia lo fu solo dal 1890.

Oggi il capitalismo, soprattutto in Italia, ha riportato le condizioni del lavoro agli inizi del novecento. Gli ultimi provvedimenti governativi (il Jobs Act, la Riforma Fornero e gli attacchi al diritto di Sciopero) – tutti targati Partito Democratico – hanno individuato nel precariato il modello contrattuale, cancellando così tutele e garanzie, inibendo le lotte per un salario maggiore e la difesa dei diritti, aumentando le tensioni sociali e gli scontri tra lavoratori, per costringere a lavorare senza sicurezza e dignità persino nei giorni festivi (vedi l’apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi, consentita dalla liberalizzazione del governo Monti (unico caso in Europa).

L’ignobile motivazione che ha giustificato l’introduzione di tali provvedimenti governativi è che essi avrebbero comportato un significativo aumento dei posti di lavoro.

Eppure così non è stato, infatti lo confermano i dati ufficiali, che certificano che nel nostro paesei ci sono ben 4,5 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta, tant’è che il governo ha introdotto il reddito di inclusione: 320 euro al mese per chi vive in condizioni di povertà. Insomma una vera e propria elemosina che ricordano tante le brioche che la regina Antonietta voleva distribuire al popolo che si lamentava della fame in cui era costretto a vivere, a fronte dello sfarzo in cui vivevano la nobiltà e il clero.

Per questo il primo maggio, tradizionale festa dei lavoratori, non deve essere una semplice ricorrenza celebrativa, ma deve ritornare ad essere una giornata di lotta, in risposta alla profonda crisi in cui versa il mondo del lavoro a causa della pesante erosione dei diritti sociali, voluta dal Partito Democratico, che rappresenta la punta più avanza del capitalismo rapace di questo ultimo ventennio.

Di fronte a questa situazione di sfruttamento in cui viviamo, riteniamo fondamentale ricostruire un fronte politico e sindacale che sia vera espressione dei bisogni, delle necessità e dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori di questo paese.

Per farlo è quindi necessario mettere in relazione le tante piccole o grandi vertenze che ci sono nel nostro paese. Un fronte per far capire ad ogni lavoratrice o lavoratore che lo sfruttamento che vive è lo stesso che vivono tutti i lavoratori e le lavoratrici, senza esclusione di sesso e di etnia.

E’ necessario provare a tenere assieme le lotte di questo paese, dando ad esse degli obiettivi minimi: la riduzione dell’orario di lavoro, il divieto del lavoro domenicale e festivo, la difesa dei contratti nazionali sotto attacco dei padroni e del governo, con la complicità dei sindacati confederati”.