Trasfusioni con sangue infetto all’ospedale di Latina, nuovo caso: uomo di Sermoneta contrasse epatite C

Sembra non finire mai la sequenza di contagi da sangue infetto in terra pontina. Sono infatti passati solo quattro giorni dalla sentenza che ha condannato il Ministero della Salute a risarcire 520mila euro ad una donna morta un anno fa e che aveva contratto l’epatite C a seguito di trasfusioni del Goretti di Latina fra il 1979 e 1981. Oggi è il caso di un 47enne di Sermoneta che venne trasfuso all’ospedale civile di Latina nel 1988 e che solo nel 2000 aveva scoperto incidentalmente di aver contratto l’epatite C. Tramite l’avvocato Renato Mattarelli aveva iniziato nel 2009 la causa in tribunale poi terminata nel 2010 con la dichiarazione della prescrizione e per cui era stato proposto l’appello.

Oggi finalmente dopo una lunga battaglia, a 30 anni dalle trasfusioni, il 17enne che nel frattempo è diventato un uomo di 47 anni, ha ottenuto giustizia dalla Corte di Appello di Roma con la sentenza n. 6725/2017 ha rovesciato quella del Tribunale di Roma.


Secondo la Corte il tribunale “era incorso però in un errore materiale nell’individuare” il termine da cui iniziavano a decorrere i 5 anni di prescrizione per iniziare la causa al Ministero della Salute.

E’ stato cosi rovesciata la tesi dell’Avvocato dello Stato secondo cui la prescrizione inizierebbe a decorre dal giorno delle trasfusioni (nel caso nel 1988) o quanto meno dal giorno in cui l’uomo di Sermoneta aveva scoperto nel 2000 di essere infetto dal virus HCV dell’epatite C.

Accogliendo la tesi dell’avvocato Mattarelli la Corte d’appello di Roma ha invece affermato che, per iniziare a decorrere la prescrizione, non è sufficiente che il paziente sappia di aver contratto un virus ma è necessario che egli sappia anche che quell’infezione dipenda proprio da quelle trasfusioni di sangue e che il contagio da sangue infetto dipenda dalla colpa di chi ha raccolto e somministrato il sangue e non si tratti quindi di una tragica fatalità.

Il legale dell’uomo di Sermoneta ha chiesto ed ottenuto che il perito medico legale nominato dalla Corte ottenesse dall’Asl di Latina le schede dei donatori delle sacche di sangue trasfuse da cui è risultato che alcuni donatori non erano più rintracciabili e che un donatore “per motivi non noti ed imprecisati, è stato sottoposto ad indagini di predonazione, procedura e prassi inusuali con la Legge quadro 107/1990, dalle quali si evinceva positività all’antigene C 22 dell’ HCV. Il donatore, da tale data, è stato sospeso definitivamente dal circuito di donazione del sangue” e un altro “ha nuovamente donato in data 28.11.1990; in tale circostanza, gli esami di legge, previsti dalla Legge quadro 107/1990, ovvero HBsAg, HIV 1 e 2 Anticorpi, TPHA, HCV-RNA mostravano esito negativo, tranne HCV-Anticorpi: Positivo, pertanto tale donatore, da tale data, è stato escluso definitivamente dal circuito di donazione del sangue”.

Tali dati hanno chiaramente portato ad affermare che l’uomo di Sermoneta è stato infettato proprio da questi due donatori e forse dagli altri non rintracciati nonostante proprio nel 1988 (anno delle trasfusioni) fu imposto il cosiddetto termotrattamento contro il rischio di trasmissione del virus da epatite C.

E’ pertanto evidente che qualcosa nei controlli non deve aver funzionato bene e per questo la Corte di Appello ha condannato il Ministero della Salute per non aver controllato e vigilato sulle donazioni/trasfusioni somministrate all’allora 17enne.

Resta ora da capire perché (se anche solo successivamente) i due donatori sono risultati positivi o comunque entrati in contatto con il virus dell’epatite C, tanto da essere stati “esclusi definitivamente dal circuito di donazione del sangue”, l’uomo di Sermoneta non sia stato richiamato ai controlli virali visto che risulta chiaramente che gli venne trasfuso sangue proveniente da donatori infetti che sembra abbiano donato sangue per anni prima di essere esclusi. “Probabilmente ci sono in giro altri trasfusi contagiati da questi due donatori“, ha sottolineato l’avvocato Mattarelli.