Dopo il tornado: la riqualificazione di piazza Mazzini e la necessità di “un nuovo stile di vita urbana”

A margine delle devastazioni dovute al tornado che il 29 ottobre scorso ha interessato Terracina, l’associazione culturale e di promozione turistica ‘Le Terre di Ulisse’ interviene in maniera quantomeno tagliente: “Un evento è capace di sferzare l’amministrazione comunale? Sembrerebbe proprio di sì: finalmente la riqualificazione di piazza Mazzini”. A parlare è il presidente del sodalizio, Carlo Di Meo, che ha colto l’occasione per tornare su alcune considerazioni già sottoposte negli anni scorsi ai componenti la Giunta Municipale “e, forse, lette distrattamente”.

“Il nostro sguardo è offeso: ovunque, auto!”, scrivevano a suo tempo dall’associazione. “Cosa vogliamo? Il rispetto per i pedoni, una politica che possa consentire un vivere appieno il centro abitato incentivando gli spostamenti a piedi o in bicicletta, costruendo marciapiedi perché in questa città le persone non sono considerate! Si pensi alle difficoltà che esse hanno nel percorrere via Santissima Annunziata o il corso Anita Garibaldi per raggiungere il centro storico! Basterebbe consentire la sosta su un solo lato. Perché riteniamo riproporre la realizzazione di una autentica Piazza Mazzini? Eliminiamo l’attuale obbrobrio che deturpa il centrum della città, siamo inoltre deficitari di spazi pubblici e sociali.


Nelle piazze si è formata la società, il simbolo di ogni comunità, sono esse gli spazi delle voci di cittadinanza dove possono emergere potenzialità altrimenti non espresse, necessità non visibili, speranze opache e negate. Se tali spazi sono ristretti o non esistono, allora la democrazia diviene deficitaria, non esiste alcun rapporto con il potere istituzionale, col governo della città, c’è disallineamento.
Attualmente piazza Mazzini non è un teatro ‘en plein air’ o lo storico ‘Foro romano’ che hanno rappresentato la matrice originaria della piazza italiana.

Chi detiene il potere vuole invece l’emarginazione della popolazione che venga ‘tenuta lontana dalla gestione degli affari pubblici’.
Allora prendiamo l’abitudine dei tempi passati: settimanalmente un dibattito televisivo dedicato a un singolo argomento, è il seme perché possa nascere in ognuno una coscienza civica. Non è certamente il social network l’essenza della democrazia dove ognuno sfoggia il proprio narcisismo, e non è nemmeno segno di ampia partecipazione se consideriamo che gli elettori, ai quali si va poi a pietire il voto, sono oltre 37 mila!

Ma il progettare, cosa significa? Forse una realizzazione asfittica e asettica decisa dal singolo o dalla istituzione? L’ultima testimonianza? Un tratto di strada del lungomare riservata, si fa per dire, alle biciclette tanto da chiamarla ‘pista ciclabile’ scollegata col centro della città e ignorando la già esistente, mortificata, abbandonata, ferita. Se non si inserisce nella politica il concetto della mobilità sostenibile, è evidente la mancanza di progettualità, di pochezza, di povertà.

In un progetto, non è sufficiente la ricerca della bellezza, si deve dare, invece, più valore alla qualità della vita coinvolgendo le persone nelle scelte, modificandone le abitudini consolidate in favore di soluzioni e strumenti innovativi. In conclusione occorre un nuovo stile di vita urbana”.