L’ospedale la salvò dopo incidente stradale, ma infettandola: risarcimento e vitalizio. Giustizia dopo 35 anni

Giustizia è fatta, anche se dopo 35 anni. Il Tribunale di Latina ha condannato il Ministero della Salute a pagare ad una donna di Latina l’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue: in suo favore, 220mila euro circa di arretrati e un assegno di 800 euro al mese per tutta la vita. La donna, oggi 50enne, aveva solo 15 anni quando, nel 1985, in seguito a un gravissimo incidente stradale in motorino, rischiò la vita. Salvandosi, per poi scoprire in differita di essere rimasta infettata dal virus HCV, responsabile dell’epatite C: decisive, in negativo, alcune trasfusioni con sacche di sangue infetto praticatele nel corso delle cure presso l’ospedale Goretti di Latina.  

“Quando, a 27 anni, nel 1997 scoprì di essere stata contagiata, la donna nel pieno della sua giovinezza e alla fine dei postumi dell’incidente, cadde in una profonda depressione”, spiega l’avvocato Renato Mattarelli, dello studio legale Mattarelli-Mezzini, che ha assistito la malcapitata. “Pensava di essersi messa alle spalle i mesi della lunga convalescenza e gli anni di recupero delle funzioni vitali, danneggiate dall’incidente, e invece nella sua vita si apriva un nuovo e ancora più gravoso dramma personale: quello di convivere per tutta la vita con un virus letale, contagioso ed invalidante.


Anche la burocrazia va contro la sfortunata donna che nel 1998 chiede inutilmente al Ministero della Salute, per il tramite dell’Asl di Latina, l’indennizzo mensile previsto dalla legge n. 210/1992. Per la Commissione Medica Ospedaliera incaricata di valutare la domanda della donna pontina non ci sarebbe stato il nesso causale fra le trasfusioni del Goretti di Latina del 1985 e il contagio del virus dell’epatite C”.

Oggi finalmente la sentenza n. 239/2020 del Tribunale di Latina che ha accolto il ricorso dell’avvocato Renato Mattarelli, a cui la donna si era rivolta nel 2015. Per il giudice del Tribunale di Latina Simona Marotta non ci sono dubbi: sono state le trasfusioni dell’ospedale di Latina a contagiare la donna. Accogliendo l’istanza dell’avvocato Mattarelli di deposito di una relazione medica in un altro processo, scrive nella sentenza: “…Dalla relazione peritale redatta dal CTU dott. Alberto De Lorenzis in data 19.09.2019 – resa nel procedimento civile rg 64796/2015 pendente tra le medesime parti (avente ad oggetto responsabilità civile contrattuale/riconoscimento del danno biologico) acquisita al presente giudizio – risulta accertato con “’elevata probabilità scientifica l’esistenza del nesso causale tra le procedure di emotrasfusione nel corso del ricovero presso il nosocomio di Latina e l’infezione da Hcv diagnosticata a distanza di 26 anni da tali procedure anche in virtù delle caratteristiche intrinseche del virus da HCV ‘. Risulta pertanto accertato che l’epatopatia da HCV, per la sua condizione di cronicità, ha comportato alla ricorrente danni irreversibili a livello epatico e che dalla stessa è derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica della periziata…”.

Nel frattempo l’avvocato Mattarelli – che assiste la donna anche in un ulteriore processo a Roma per il risarcimento integrale dei danni: quello riconosciuto dal Tribunale di Latina indennizzo è infatti solo un indennizzo per il danno al fegato – è in attesa dell’altra sentenza del tribunale capitolino, a cui è stato richiesto la condanna del Ministero della Salute per non aver vigilato sull’attività trasfusionale dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. L’ennesimo caso di malasanità ‘vintage’, a certe latitudini.