Mof, la beffa della zona rossa: mentre da Fondi si sacrificano, la merce viene rifiutata

Nonostante l’emergenza sanitaria per la pandemia da Covid-19, nella Fondi divenuta zona rossa c’è chi non può fermarsi. Chi continua a lavorare tra mille sacrifici per garantire che il cibo arrivi come sempre sulle tavole di tutta Italia, e oltre. In particolare agricoltori, operai addetti alla logistica, autotrasportatori. Centinaia e centinaia di persone che in maniera diretta o indiretta gravitano attorno al Mof, notoriamente tra i più grandi poli di distribuzione agroalimentare all’ingrosso d’Europa. Gente che con sudore e rischi all’ordine del giorno si sta prodigando per il bene della collettività. Tiene in piedi una filiera vitale, eppure rischia di vedere ogni sforzo vanificato: dopo l’ordinanza con cui da venerdì la Regione Lazio ha ‘blindato’ la città, ritenuta dati alla mano un focolaio su cui prestare la massima attenzione, parte dei prodotti che prendono il via oppure transitano dal centro della Piana viene rispedita al mittente dalla Grande distribuzione e dai vari acquirenti. E un’altra parte non riesce a superare il cordone imposto in loco dalle autorità. Una beffa oltremodo amara, per gli operatori del settore. Con conseguenze che, non cambiasse entro breve l’attuale stato di cose, andranno a riverberarsi ad ampio raggio. Contribuendo al caos già in atto.


A porre l’attenzione su questo pericoloso cortocircuito, sabato ci ha pensato anche la Confagricoltura. Da dove, tra l’altro, sottolineano come tanto i blocchi quanto il rifiuto della merce in questione siano del tutto ingiustificati: “L’ordinanza regolamenta ma certo non vieta il traffico da e verso il Mercato ortofrutticolo”, rimarca Albano Bergami, presidente nazionale della sezione frutticola della confederazione. Aggiungendo: “Rifiutare prodotti perché provenienti da zona rossa non è in linea con l’evidenza scientifica di Efsa (l’autorità europea per la sicurezza alimentare, ndr) e del ministero della Salute, che hanno escluso la possibilità di trasmissione del virus con gli alimenti”.

Sulla questione dei blocchi in entrata, cui sono andati incontro numerosi grossisti provenienti da altre località, si è poi espresso il presidente di Confagricoltura Latina, Luigi Niccolini: “Siamo i primi a chiedere il pieno rispetto dei provvedimenti finalizzati alla prevenzione per il contrasto e per il contenimento del diffondersi del virus. Chiediamo però agli organi competenti chiarezza nelle disposizioni e tutti gli accorgimenti necessari per scongiurare possibili rallentamenti nell’attività del Mof, che ha un ruolo strategico. Ci auguriamo che già lunedì gli operatori possano riprendere in pieno la loro attività, fondamentale per l’approvvigionamento di prodotti ortofrutticoli a livello regionale e nazionale”.

Da par loro, i vertici del Mercato ortofrutticolo fondano continuano non solo a garantire senza ombra di dubbio la genuinità dei prodotti movimentati, ma pure controlli rigorosi e precauzioni ad hoc. Insomma, un Mof ‘a prova di coronavirus’. Facendo intanto i conti con un volume d’affari che, dall’inizio dell’emergenza, è crollato di circa il 30%. Una percentuale da collasso. “L’Italia si è scandalizzata per il disgustoso video francese sulla pizza, ora siamo noi italiani ad etichettare senza criterio i nostri prodotti”, commenta indignato il direttore del Mof, Roberto Sepe. “Siamo, tra l’altro, l’unico mercato ad avere un laboratorio di analisi interno, per il controllo costante della eventuale presenza di fitofarmaci. La qualità è quindi il nostro impegno principale. Non possiamo accettare questa situazione anche perché le restrizioni imposte al Mercato, che soddisfa il fabbisogno annuale di 4 milioni di italiani e coinvolge oltre 4mila imprese agricole, rischiano di mettere in ginocchio un settore cruciale, colpendo i lavoratori e danneggiando il tessuto produttivo e l’economia del territorio”. Tra i più inviperiti sembrano comunque esserci proprio i coltivatori diretti, primi protagonisti della filiera agroalimentare: “Ci stiamo facendo il cu*o per far mangiare tante persone, cosa succederebbe se ci fermassimo?“, si chiede qualcuno di loro senza troppi giri di parole. In pratica scontata, la risposta.