Coronavirus: cosa ci dice e cosa non ci dice il numero dei decessi

Ermete Labbadia, laureato in Economia e commercio ma appassionato e con una tesi in statistica, continua ad accompagnarci nella lettura dei dati del contagio dell’emergenza Covid-19.

“Il numero dei decessi è il dato più triste da analizzare ma può essere utile anche per comprendere l’andamento generale dell’epidemia.


Il tasso di letalità indica il rapporto tra deceduti e casi totali. Un tasso più alto non indica in linea di massima un diverso comportamento del virus ma segnala invece quanto siano stati più sottostimati i casi totali e quindi i contagiati.

Un tasso di letalità minore, facendo ovviamente tutte le opportune considerazioni  caso per caso, quindi potrebbe indicare una maggiore efficienza nel combattere il Covid19.

Se un tasso di letalità minore sia dipeso da intuizioni nel fare più test anche quando non c’erano direttive dell’OMS oppure dall’efficienza di particolari strutture sanitarie e cure dei medici o ancora da una collocazione geografica particolare cercheremo di capirlo con studi più approfonditi a partire dai prossimi giorni.

Intanto possiamo dare al momento (20 aprile 2020) questo primato di tassi di letalità più bassi  all’Umbria (4,19), al Lazio (5,93), al Molise (6,09) e al Veneto (6,82),  mentre non sono molto distanti la Basilicata (7,02), la Sardegna (7,08), la Calabria (7,25), la Sicilia (7,36),  la  Campania (7,55) e la Toscana (7,61).

Tassi di letalità alti ci sono in Lombardia (18,44) ed Emilia Romagna (13,4) , che ovviamente meritano un discorso a parte, ma anche in Liguria (14,22), Marche (13,99),  nella piccola Valle d’Aosta (11,49) e nel Piemonte (11,07).

Il grafico dei decessi giornalieri ci indica una tendenza al ribasso dal 27 marzo.

Chiaramente la curva dei decessi  non può avere le stesse crescite e decrescite temporali di quella del contagio per ovvi motivi: innanzitutto il contagio precede il decesso e poi sappiamo da dati comunicati dall’Istituto Superiore di Sanità che tra i ricoverati la metà dei decessi avviene dopo il quarto giorno dallo stesso ricovero (quindi una metà entro 4 giorni e l’altra metà nei rimanenti): per questo anche se la situazione del contagio migliora occorre un po’ più di tempo perché anche nella curva dei decessi questo appaia con evidenza.

Se comunque il dato dei decessi si è abbassato dal  27 marzo è quasi certo che la curva dei sintomi del contagio (che è successiva tra l’altro a quella dell’avvenuto contagio) si sia iniziata ad abbassare almeno una settimana prima.

Quello che non ci dice il numero di decessi è che proprio dietro a quel numero si nascondono i volti delle persone, le loro sofferenze e  le loro storie.

Vista l’importanza e la particolarità del tema trattato permetteteci di concludere il punto statistico quotidiano prendendo a sprazzi alcuni versi de “I Sepolcri” di Ugo Foscolo, con la speranza che in un futuro non troppo lontano siano ricordati con Cerimonie pubbliche ed ufficiali tutti i deceduti di questo periodo sia per Covid e sia per altri motivi che non hanno potuto avere l’ultimo saluto meritato di parenti, amici e conoscenti”.