Coronavirus, perché prendendo decisioni in base all’Rt si può sbagliare: l’intervento

Foto di Christo Anestev da Pixabay

Ermete Labbadia, laureato da anni in economia e commercio ma appassionato e con una tesi in statistica, continua ad accompagnare h24notizie nella lettura dei dati del contagio dell’emergenza Covid-19.

“Negli ultimi giorni sentiamo parlare molto spesso di R0 (erre con zero) o Rt (erre con t) e che il Governo supportato dal Comitato tecnico scientifico prenderà decisioni sulle riaperture in base ai valori di questi parametri. Ma cosa sono R con zero ed R con t?


R0 (R con zero) e dà la misura della capacità del virus di diffondersi in assenza di misure di contenimento, ed Rt (R con t) è il  parametro che indica l’indice di riproducibilità del virus in un dato momento in presenza di misure.

In parole più semplici se R0 oppure  Rt è uguale a 1 vuol dire che una persona ne contagia 1, se è uguale a 2 una persona ne contagia 2.

Secondo i dati ufficiali, almeno dal 10 aprile, in Italia questo valore è sotto il valore di 1 ed abbiamo anche ascoltato in TV come la Merkel si sia allarmata intorno al 28 aprile perché dopo circa 8 giorni dall’allargamento di alcune misure restrittive quel valore era salito momentaneamente sopra la soglia di 1.

Anche in Italia la decisione per molte riaperture si baserà su questo indicatore:per esempio perché si inizino le aperture interregionali sembra che si aspetti un Rt pari a 0,2.

Tutto condivisibile. Il problema è che la curva dei casi accertati, che leggiamo ogni giorno dai Bollettini,  non è la curva reale del contagio e quindi prendere decisioni in base a quella  curva è a nostro avviso un errore gravissimo.

Facciamo un caso concreto. Il grafico in alto ci mostra la media giornaliera calcolata per periodi settimanali del numero di chiamate al 118 per problemi respiratori o infettivi in Lombardia

Notiamo che nella prima metà di febbraio questo numero è stato inferiore a 300 per poi salire man mano fino a toccare le 1415 chiamate di media giornaliera nel periodo dal 14 al 20 marzo e per poi riscendere.

Nel periodo dal 25 aprile all’1 maggio la media è scesa a 384,86 e per il momento nei giorni successivi è di 336, quindi stiamo arrivando ad una situazione simile a quella che c’era nella prima metà di febbraio, quando il virus girava indisturbato senza trovare protezioni e precauzioni di alcun genere.

Nel grafico in basso abbiamo ripreso la stessa curva in alto con alcune piccole accortezze. Abbiamo supposto che 285 sia il numero di chiamate per problemi non legati al Covid.

Facendo questa supposizione troveremmo poco meno di 1000 casi non accertati nel solo periodo dall’1 al 21 febbraio, che è in linea con le indagini che stanno venendo alla luce in questi giorni.

Abbiamo poi sottratto alla media delle chiamate di ciascun periodo il numero 285 e lo abbiamo moltiplicato per 25. In pratica abbiamo supposto che per ogni chiamata ci fossero 25 casi, comprendendo anche quindi pauci sintomatici ed asintomatici. In questo modo i casi probabili in Lombardia sarebbero poco meno di un milionecirca 12 volte di più di quelli finora accertati.

Nel grafico in basso la linea blu è quella dei casi probabili da noi costruita in base alle chiamate al 118 lombardo e quella rossa è quella dei casi accertati.

Come potete chiaramente vedere la linea blu ha molta più pendenza di quella rossa: sarebbe molto più indicato fare le valutazioni in base alla linea blu, che si basa su dati più certi, e non sulla linea rossa, che è influenzata da notevoli variabili, prima tra tutte quella della numerosità dei tamponi.

Gli esperti ci dicono in TV giustamente che noi vediamo solo la punta dell’iceberg.

La differenza però è che in base alle nostre supposizioni nell’ultima settimana di febbraio vedevamo meno del 2% dell’iceberg completo, nella prima settimana di marzo poco più del  3%, nel periodo più triste (quello dal 14 al 20 marzo) circa poco più del 6%: 1777,71 (media casi giornalieri accertati) diviso 28250  (media casi giornalieri probabili) x 100.

Facendo lo stesso ragionamento nel mese di maggio  riusciamo a vedere molta più parte dell’iceberg, quasi il 50%.

Siamo andati avanti per supposizioni, d’accordo, ma anche se i casi reali fossero ad esempio 2000000 e il numero di chiamate  non Covid  non fosse di 285 ma qualsiasi altro, cambierebbe l’altezza della curva ma non il succo del ragionamento che rimane comunque valido.

Ieri sera un virologo del San Raffaele,  Massimo Clementi,  ha affermato nella trasmissione 8 e mezzo su La7 “ Il profilo clinico di questa malattia è mutato, adesso non arrivano più persone che hanno necessità della terapia intensiva. La malattia si sta modificando”.

Chiaramente il virologo vedendo da 15 giorni entrare in proporzione molto meno pazienti  rispetto al periodo critico ha tratto questa conclusione e ci auguriamo tutti che abbia ragione.

La nostra tesi, non essendo scienziati e non potendo valutare l’effettivo calare della potenza del virus, è che non si sia indebolito  il virus ma il contagio. Il numero di positivi non è quindi in Lombardia ora di un terzo rispetto a quello del periodo critico, come da curva rossa del grafico, ma un ventesimo, come da curva blu!

Quindi usate tutte le precauzioni possibili: distanziamenti, mascherine ecc, perché comunque il virus probabilmente non ha perso la sua potenziale letalità   

Comunque  o si sia indebolito il virus o il contagio il fatto che il Comitato tecnico scientifico stia dando indicazioni in base all’andamento di una curva sbagliata crediamo sia molto probabile.

E attenzione! Sbagliare indicazioni, osservando una curva sbagliata, non può significare soltanto essere troppo prudenti, come in questo periodo, ma potrebbe avvenire anche l’inverso e cioè che la situazione potrebbe peggiorare senza che nessuno degli esperti più accreditati se ne accorga in un tempo opportuno”.