Covid-19 e analisi dei dati, il tema “chiusure” rimane di attualità

Nuova analisi dei dati e di commento a questi da parte del nostro Ermete Labbadia, che è tornato come nel periodo emergenziale della scorsa primavera a dirci la sua suggerendoci cosa ci indicano i dati degli ultimi giorni. Il tema di oggi, secondo quanto riporta Labbadia è: “Se si chiude prima, si chiude per meno tempo”.

“Purtroppo i dati che vengono da qualche settimana dai bollettini quotidiani relativi all’emergenza Coronavirus sono molto negativi.


A preoccupare sono i dati che stiamo seguendo con più attenzione in questo periodo: il rapporto tra nuovi contagiati e persone mai testate prima e l’aumento del numero delle persone contemporaneamente ricoverate. Un trend pessimo in crescita in quasi tutte le regioni italiane.

Non ci fa sorridere il fatto che più dell’80 o del 90 per cento dei positivi sia asintomatico.

Anche a marzo lo era, ma a malapena si riuscivano a testare i malati con sintomi gravi.

In realtà agli inizi di marzo i nuovi positivi ogni giorno erano tra i 50.000 e i 100.000. Questa considerazione che oggi può sembrare ovvia, quasi banale, in realtà non è stata presa in esame in primavera dai più autorevoli esperti che hanno spinto l’Esecutivo a fare errori che hanno avuto ricadute anche sull’economia del nostro Paese.

A metà aprile, infatti, quando bastava entrare in qualsiasi pronto soccorso per capire che non c’erano ormai più quasi nuovi ricoverati per Covid anche gli esperti del Comitato tecnico scientifico parlavano solo di una lieve flessione della curva e ciò ha spinto il Governo ad inoltrare le misure più restrittive a nostro avviso molto più del dovuto.

Questa mancata percezione dell’elevato numero di veri positivi nella prima metà  di marzo ha tratto in inganno a maggio anche medici e professori sostenitori della teoria del depotenziamento del virus.

Gli stessi, infatti, leggendo dai dati ufficiali che i positivi erano dimezzati e vedendo arrivare nei reparti nuovi malati gravi con una consistenza che era di un cinquantesimo di quella dei mesi precedenti, hanno pensato erroneamente che il virus fosse diventato meno pericoloso, non considerando che quelli che erano errati e sottostimati erano i dati ufficiali dei positivi comunicati nella prima metà di marzo.

Tornando ai giorni nostri non siamo ancora ai livelli degli inizi di marzo, ma se i numeri continueranno a crescere con questo ritmo tra una settimana o al massimo due ci ritroveremo nella stessa situazione.

Se si decidesse di adottare misure molto più restrittive ora si potrebbe piegare la curva del contagio prima, senza essere costretti ad un lockdown più prolungato dopo che danneggerebbe molto di più l’economia.”