Lacrime, palloncini e poliziotti: funerale blindato, per Antonio Ciarelli

AGGIORNAMENTO (Articolo integrato con le sottolineature giunte dalla famiglia Ciarelli) – Pattuglie della polizia e della guardia di finanza a sorvegliare ed esequie blindate, quelle del 76enne Antonio Ciarelli, il capostipite della famiglia d’origine rom che nel corso degli anni si era presa Latina, fino a quando non è stata fortemente limitata da inchieste, arresti, sequestri e confische a raffica.

Il “re degli zingari”, come lo chiamava qualcuno, è deceduto lunedì presso l’ospedale Santa Maria Goretti, stroncato da un malore. Il suo addio terreno è stato celebrato mercoledì nella chiesa intitolata ai Santi Pietro e Paolo, con la Questura che in linea con altre situazioni simili era decisa a limitare i funerali solenni in forma pubblica. “Nulla di limitato”, però, ha reso noto a margine della funzione una congiunta del defunto. Niente carrozza coi cavalli neri, né altre particolari forme di spettacolarizzazione durante il corteo funebre e l’uscita del feretro. Ma, sottolinea la donna dettaglio per dettaglio, ci sono stati palloncini in quantità, alcuni posti in maniera tale da formare dei grossi rosari, nonché musica e fuochi d’artificio. “Tutto ciò che meritava un grande uomo come mio nonno”, ha rimarcato in un post Facebook sulla pagina di h24notizie.


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Nato nel 1945 in Molise, a Campobasso, Ciarelli si era trasferito nel capoluogo pontino ormai da decenni, iniziando a commerciare cavalli. Poi, raccontano le cronache, l’ascesa criminale. Personale e famigliare. Dando vita a quello che secondo la magistratura era (e sarebbe ancora) da considerarsi come un vero e proprio clan, allo stesso modo dell’altra famiglia di origine nomade a suo tempo egemone a Latina, i Di Silvio, con regole, influenza sul territorio e modalità operative proprie della criminalità organizzata. In due parole, sulla scorta delle condanne, mafia rom. A suo tempo riuscita anche ad entrare nelle stanze della politica.