Turismo: Roma, la capitale dei licenziati

La speranza della ripresa del mercato economico e del lavoro post pandemia è sfumata e preoccupa anche i più ottimisti da quando l’Europa si è ritrovata a dover affrontare un nuovo problema: quello della guerra. I venti bellici hanno impattato in diversi modi sulla società, soprattutto in quei settori che più avevano sofferto durante la pandemia. Uno tra tutti il turismo. La situazione a Roma descrive esattamente ciò che, con percentuali diverse, è accaduto anche nel resto d’Italia. Dall’inizio del 2022 sono molti gli hotel, anche quelli di un certo calibro, che hanno avviato licenziamenti collettivi. In generale, tra ristorazione, tour operator, mezzi di trasporto e altre attività legate al turismo, nella capitale d’Italia il numero dei licenziati sfiora le 10.000 unità. Il problema sorge nel momento in cui diventa palese che dietro alle drammatiche scelte non vi siano giustificati motivi ma solo meri interessi personali.

Cos’è successo

Ha fatto scalpore il caso di un noto hotel di via Veneto. A causa della grave situazione finanziaria a seguito della pandemia, l’hotel aveva annunciato il licenziamento di 47 dipendenti e la chiusura a tempo indeterminato della struttura. Fatto salvo che l’hotel, poco tempo dopo, è stato venduto scatenando l’ira di avvocati e sindacati. In altre situazioni si è invece assistito a licenziamenti a fronte di spese folli per ristrutturazioni e lavori di manutenzioni. Nei casi più oculati, invece, alla notizia delle chiusure sono seguiti accordi con le nuove proprietà per mantenere i livelli di occupazione a salvaguardia dei lavoratori. A seguire le cause, alcune tutt’ora in corso, sono stati molti studi di avvocatura della capitale e sigle sindacali. Tra i primi risultano esserci anche esperti del settore giuslavorista (per approfondire vedi avvocato del lavoro Roma) non nuovi a vertenze lavorative nel settore alberghiero.


Licenziamento collettivo

Il licenziamento collettivo è possibile per le imprese con più di 15 dipendenti che intendono licenziare più di 5 persone in un arco temporale di 120 giorni. A queste si aggiungono le imprese con trattamento CIGS le quali prevedono lavoratori in esubero. La disciplina di tale procedura è contenuta nella legge numero 223 del 23 luglio 1991. Nell’indicare i lavoratori da licenziare è necessario tener conto dei criteri stabiliti dai contratti collettivi o ai criteri elencati nell’articolo 5 del decreto legislativo 223 del 1991, vale a dire: carichi di famiglia; anzianità di servizio; esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

Licenziamento: quando sussiste il giustificato motivo

Prima di arrivare al vero e proprio licenziamento, l’azienda che ritiene di avere un certo numero di personale in esubero deve assicurarsi che le cause inerenti al loro licenziamento siano valide sul piano giuridico. Ma prima ancora di aprire la vertenza deve evitare, in qualsiasi modo, di mettere alla porta i propri dipendenti. L’azienda ha quindi il dovere di provare a ricollocare i dipendenti ritenuti di troppo ossia, verificare se agli stessi possano essere affidate mansioni simili, differenti o anche inferiori rispetto a quelle svolte. Qualora ciò non fosse possibile allora si procede con la procedura di licenziamento.

Come detto, la cessazione del rapporto lavorativo dipende da diverse cause, tra cui la fine totale dell’attività, l’impiego di nuove tecnologie che sostituiscono l’attività svolta da determinate persone, la chiusura di un reparto, l’esternalizzazione di servizi o una riorganizzazione aziendale. Cause anche esse che devono sempre essere appurate da chi di dovere. Nel caso in cui dovessero venire a mancare gli estremi di giusta causa o giustificato motivo oggettivo i lavoratori possono appellarsi alla legge impugnando il licenziamento per contestare tale decisione. Nello specifico, ci si trova di fronte a insussistenza dei fatti contestati o fatti e condotte non rilevanti da condurre al licenziamento.

In questo caso spetterà ai lavoratori scegliere di farsi tutelare da un avvocato giuslavorista, come accaduto nei casi degli hotel sopracitati, per far valere le proprie ragioni ed ottenere un risarcimento.