Collaborative learning e Informal learning, due modalità di formazione in grande crescita

Pensando alla formazione, che sia in presenza o in piattaforma e-learning, è lecito fare riferimento a uno schema consolidato che vede un docente e uno o più discenti in una struttura verticale e rigida.
In realtà esistono altri modi per fare formazione, con una modalità non verticale ma fra pari: ad esempio due colleghi che condividono reciprocamente il proprio know-how su un determinato argomento.

Inoltre, questo tipo di apprendimento presenta diverse sfumature come il Collaborative learning e l’Informal learning. Sono due metodologie didattiche che hanno in comune il fatto di non avere una rigida divisione fra chi insegna e chi apprende ed entrambe possono essere fatte in presenza, o tramite una piattaforma e-learning.


L’obiettivo principale del Collaborative learning è quello di imparare insieme, di condividere ognuno le proprie capacità e informazioni per far crescere il gruppo grazie a questa sinergia. Apprendere in un ambiente di collaborativo vuol dire andare avanti come gruppo, aggiungere tasselli senza lasciare indietro nessuno in un contesto in cui tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Un gruppo che lavora a in questo modo è un auto-catalizzatore di motivazione a fare meglio per sé e per gli altri.

È possibile fare Collaborative learning sia in presenza che usando la piattaforma e-learning messa a disposizione da Teleskill Web Academy. Fra gli altri strumenti disponibili, c’è quello che permette di suddividere gli iscritti al corso in base a all’anzianità, alle competenze, e all’area geografica.
Inoltre è possibile creare delle comunità di pratica, in inglese Practice Learning Communities (PLC), su temi specifici tramite l’utilizzo dei webinar o della videoconferenza estesa.

Le comunità di pratica funzionano in modo ottimale se sono presenti tre fattori:

  1. la presenza di tutte le persone che possiedono le capacità e le skill adeguate a quel contesto;
  2. il gruppo deve essere costituito ad hoc in modo da rispondere a necessità e desideri dei partecipanti, offrendo loro la possibilità di approfondire un determinato argomento di loro interesse;
  3. l’engagement che favorisca una partecipazione attiva di tutti gli utenti.

Per quanto riguarda i primi due punti è necessaria una attenta pianificazione per definire gli obiettivi della comunità di pratica e, di conseguenza una selezione adeguata dei partecipanti. Per il terzo punto, ossia, per favorire l’engagement è possibile seguire diverse strade.

La prima è quella di inserire nel percorso dei momenti di gamification in cui i membri della comunità possano misurarsi e giocare insieme. Una alternativa, o perché no, una ulteriore pratica è quella dell’inserimento di questionari e sondaggi sia durante che al termine delle sessioni per conoscere il sentiment della comunità e agire di conseguenza. Infine, è consigliabile dare la possibilità ai partecipanti di rilasciare dei feedback sia di gruppo che one to one.

Nelle comunità di pratica è assolutamente necessario che ognuno si senta parte di questo percorso di crescita e che si senta libero di offrire il suo contributo in modo autonomo e commisurato alle sue conoscenze. Ciò non toglie che esiste la possibilità di inserire una figura di docente coordinatore con il compito di mantenere un clima protetto in cui poter esprimersi, anche facendo errori o commettendo inesattezze, in quanto anche questi sono fonte di spunto e crescita sia personale che del gruppo.

Una azienda che si convinca di applicare i principi del Collaborative learning in una sua qualsiasi forma (in presenza, a distanza, con un coordinatore o meno), avrà sicuramente molteplici vantaggi:

  • promozione dell’interazione tra i partecipanti al corso e quindi fra colleghi;
  • promozione di una cultura aziendale condivisa;
  • familiarizzazione con le situazioni di condivisione e collaborazione che possono presentarsi sul posto di lavoro;
  • aumento dell’autostima e della responsabilità individuale.

La maggior parte dei lavoratori di una azienda ha sperimentato questo tipo di formazione senza sapere che si trattasse di Informal learning: si intende infatti ogni tipo di apprendimento che non preveda un luogo o un momento specifico, non c’è bisogno di prenotare un’aula, né di inserire un impegno nel calendario.

L’apprendimento Informale può avvenire ovunque e in ogni momento: in sala riunioni, nel tragitto verso l’ufficio, davanti alla stampante o durante la pausa caffè fra colleghi: tutte le informazioni condivise in questi momenti che formalmente non sono sul luogo di lavoro, rientrano nel concetto di Informal learning.

L’Informal learning è più facile che avvenga tra pari, fra colleghi, ma anche un formatore di professione può esserne un promotore: ad esempio durante un webinar questa figura può, postare di tanto in tanto in modo naturale e non forzato, nella chat condivisa riflessioni o domande aperte che stimolino l’interazione fra gli altri partecipanti.

Un altro escamotage per incentivare l’Informal learning è quello di attivare una sezione Wiki-experience in cui ognuno, liberamente, può condividere video o audio su nozioni d’interesse comune.

Una realtà aziendale che si faccia promotrice di Informal learning potrà usufruire di diversi benefici, tra cui:

  • aumentare l’efficacia della formazione a costi contenuti;
  • accrescere la conoscenza, la produttività e la collaborazione dei collaboratori;
  • migliorare la reattività delle persone grazie a un apprendimento “on demand”.

Fatta una analisi specifica sui due tipi di formazione, di seguito le principali analogie e differenze.

Entrambi i metodi sono di tipo peer learning, ossia apprendimento fra pari, e quindi non necessitano quasi mai di un docente.
Sfruttano entrambi il fatto che l’uomo sia un animale sociale e tende quindi a fare gruppo per sopravvivere, in questo caso lo fa per imparare e crescere dal punto di vista intellettuale.

La principale differenza risiede nel fatto che mentre il Collaborative learning ha un formato più strutturato, prevede una formazione determinata nello spazio e nel tempo, l’Informal learning è più flessibile e spontaneo.

Per il Collaborative learning occorre creare un luogo che ospiti il gruppo, che sia fisico o virtuale, e bisogna anche cercare di restare fedeli agli obiettivi prefissati. L’Informal learning essendo più spontaneo, non necessita di dove e quando, ma risponde alla necessità di apprendere quella nozione in quel momento.

Il Collaborative learning è complementare alla formazione tradizionale e se ne consiglia l’applicazione laddove si voglia incoraggiare una maggiore collaborazione e condivisione all’interno del gruppo di lavoro. Visto il suo carattere social, si presta bene anche per i Millennials e gli appartenenti alla Generazione Z.

L’apprendimento Informale, per sua natura, sfugge ad ogni pianificazione didattica. È generalmente visto come un rinforzo successivo alla formazione tradizionale: è importante che un collega faccia vedere sul campo come si faccia una determinata cosa fino ad allora studiata solo in teoria. Ancora meglio se questo avviene nel momento in cui se ne ha bisogno ossia il momento in cui deve essere applicata quella specifica capacità.