Mozione d’iniziativa popolare sull’endometriosi, ok unanime del consiglio di Lenola

Il consiglio comunale di Lenola, tra i primi del Lazio, ha approvato all’unanimità una mozione d’iniziativa popolare sull’endometriosi. Un punto all’ordine del giorno illustrato nel corso dell’assise di giovedì dalla dottoressa Gianna Elena De Filippis, giuslavorista impegnata sia nell’attività forense che in quella di consulente del lavoro per medie e grandi imprese e sindacati, rivolgendo da sempre particolare attenzione al tema delle pari opportunità e alla tutela della figura femminile nei luoghi di lavoro, “figura femminile intrinsecamente e naturalmente più fragile e per logica meritevole di maggiore protezione, secondo un principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, non solo formale”.

L’endometriosi – ha esordito De Filippis – è una terribile malattia cronica che colpisce le donne, dall’età fertile in avanti. Inizia a manifestarsi lentamente fino ad avere una violentissima e sempre più aggressiva forma di colpire il corpo femminile rendendolo veramente infermo nell’assolvimento delle attività di vita privata quotidiana e di vita lavorativa, associata a stanchezza cronica, dolore, e altre disfunzioni nervose di vario genere.


La malattia è ormai definita dai grandi luminari esperti come un vero tumore benigno progressivo che sebbene fosse benigno porta la donna ad essere oggettivamente invalida. Vi chiederete come sia possibile.

Il Comune di Lenola

E’ possibile, è vero, è purtroppo la realtà che distrugge vite intere a causa di dolori di inestimabile livello che costringe a stare a letto sotto bombardamento di farmaci potentissimi, è una patologia che danneggia non solo l’apparato riproduttivo femminile ma arriva a lesionare intestino, peritoneo, reni, diaframma, polmoni; sono cellule impazzite che partono sparate verso gli organi interni addominali fino a distruggerli.

E così è stato nella mia esperienza personale, e ancora peggio nelle esperienze di amiche conosciute in questo percorso di nefasta condivisione: ragazze di 25 anni cui è stato asportato già parte di apparato riproduttivo, ragazze che a 30 anni hanno avuto una stomia e vivono per sempre con la stomia, perché la malattia, l’innominabile, ha distrutto parti del loro intestino, delle vie urinarie, fino ad arrivare alle difficoltà respiratorie perché arriva al diaframma e ai polmoni! Per non parlare dell’aspetto psicologico emotivo che vi lascio immaginare. E le terapie ormonali aiutano a tenerla a bada ma hanno altri effetti collaterali importanti sull’umore e sulla tenuta ossea con forme di osteoporosi spesso precoci, dermatiti, mal di testa e altro.

Allora bisogna guardare anche ai rimedi non farmacologici ma parecchio costosi e pesanti sul reddito mensile familiare, mediamente 300€ mensili: per esempio, seguire un regime alimentare antinfiammatorio, la fisioterapia ginecologica che in questa zona può aversi solo privatamente, la riflessologia plantare, e poi soprattutto riduzione drastica di situazioni di stress che fanno esplodere e svegliare la malattia come una bomba atomica.

Alla luce di questo, da anni, grandi associazioni di volontariato che annoverano medici specializzati ed altre figure esperte nel settore medico-biologico-sanitario e negli ultimi anni anche grandi giuristi, hanno portato all’attenzione di tutte le istituzioni questa malattia per l’effetto invalidante che ha e che chiaramente si ripercuote sulla società intera.

Gianna Elena De Filippis

Allo stato attuale, la malattia è riconosciuta per minime esenzioni sanitarie nei gradi avanzati quando è cioè definita moderata o grave in presenza di interventi chirurgici. Gli stadi cosiddetti ‘più lievi’ della malattia non sono riconosciuti ai fini indicati eppure sono terribilmente invalidanti, sono stadi propedeutici agli stadi avanzati se non correttamente curati e diagnosticati. Per la diagnosi spesso ci vogliono anni mentre la malattia cammina e corre. Per una diagnosi precisa, lo strumento migliore è spesso la risonanza con contrasto che costa mediamente 450 €, strumento adottato anche per un check up periodico successivo. Poi analisi del sangue periodiche, alimentazione mirata, continui controlli medici costosi perché non ordinari.

Insomma, veniamo al cuore di questo nostro incontro qui oggi: la mozione presentata è stata già accolta e deliberata in tantissimi comuni italiani, partendo da Reggio Emilia e in questa menzione colgo l’occasione per ringraziare la dottoressa Sara Beltrami per avermi coinvolta in questo aspetto legale della questione che ho ritenuto subito meritevole di considerazione.

Attraverso la mozione si vorrà poi presentare un progetto di legge in Parlamento. Il Parlamento ha già ricevuto molte rappresentanti delle associazioni per la cura e tutela delle donne affette dall’endometriosi. Si propone una rete clinica territoriale e una rete di formazione specialistica del personale medico-sanitario, si propone il riconoscimento della malattia come malattia cronica invalidante in ogni suo grado e livello (perché è così: l’endometriosi è invalidante ad ogni livello e grado, non dobbiamo arrivare all’asportazione di un organo e alla menomazione del corpo femminile per avere una esenzione, cure e visite gratuite e per avere una tutela nel mondo del lavoro). Esiste una disuguaglianza vistosa, una ingiusta e grave discriminazione che riversa i suoi effetti soprattutto sulle famiglie meno abbienti.

E poi il punto a me profondamente caro: con la mozione si chiede la garanzia del diritto al lavoro delle donne affette da endometriosi. E’ evidente che una donna in gravi condizioni di salute dovrà avere una protezione maggiore per le sue assenze per malattia. Non è una malattia comune, una influenza, un mal di schiena occasionale, non è un mal di denti di qualche giorno, è una malattia aggressiva che si appropria delle nostre più comuni capacità fisiologiche e col dolore acuto ci distrugge anima e corpo. Quindi, la tutela del diritto al lavoro merita un ampliamento altrimenti non saremmo in uno stato democratico di diritto.

Il periodo di comporto per malattia, comunemente di 180 giorni nella vita di un qualsiasi lavoratore, andrebbe diversamente calcolato ai fini del licenziamento della donna affetta da endometriosi e così altre cose. D’altronde una rilevante sentenza di Corte d’Appello di Napoli proprio pochi mesi fa si è espressa in tal senso in merito ad una patologia analoga, ribadendo l’esigenza di soluzioni ragionevoli a fronte di una malattia definitiva e degenerativa del lavoratore ingiustamente licenziato per superamento del comporto.

Tra le associazioni a me più care ricordo Endo-Care, Ape Endometriosi, La voce di una è la voce di tutte. Ringrazio immensamente la già citata Sara Beltrami che con la sua caparbietà, unita ad altre figure specializzate, ho condotto una campagna nazionale di sensibilizzazione di valore inestimabile, portando il tema in Commissione Europea e in altri comuni italiani, a Firenze per esempio è stato avviato un bellissimo progetto dietro finanziamento della Commissione Europea.

Ringrazio poi tutti i medici e tutto il personale sanitario che ci aiuta in queste lotte estenuanti di vera sopravvivenza. Potrei dilungarmi oltre in questo discorso, ma penso le poche nozioni fornite siano più che sufficienti ai fini della deliberazione che rimetto con ottimismo a questo consiglio comunale“.