Sarà presentato domenica 22 marzo, alle 11,00, presso il ristorante “Il grappolo d’uva” (Lungomare Matteotti), “Aspettando la crescita. Scritti meccanici per lo sviluppo”, l’ultimo libro di Antonello Di Mario, giornalista e responsabile dell’ufficio stampa nazionale della Uilm.
Alla presentazione, promossa dall’associazione “Il Sestante”, oltre all’autore, interverranno Agnese Moro (Sociopsicologa e Scrittrice) e Margherita Anzini (Capitano, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Terracina). Il libro raccoglie gli scritti di Di Mario pubblicati nell’ultimo biennio su ‘Fabbrica e Società’, il giornale on line dei metalmeccanici della Uil di cui è direttore, e su Formiche.net.
“Il sottotitolo -spiega Antonello Di Mario a Labitalia- è quasi una parafrasi di Pasolini e dei suoi ‘Scritti Corsari’. Può sembrare un paragone un po’ ambizioso, ma il mondo metalmeccanico ha vissuto tempi di profondo disagio e li vive tuttora. La crisi economica, iniziata nel 2008, ha inciso profondamente sull’economia del Paese e soprattutto sul settore industriale e manifatturiero. I lavoratori hanno sofferto molto e questo è un diario di viaggio degli ultimi due anni, in cui molte cose sono cambiate”.
Nel libro c’è una proposta su come individuare le risorse da destinare agli investimenti. “Per esempio -spiega Di Mario- un grande fondo garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti, che faccia conto sul patrimonio immobiliare, sulle attività e sulle partecipazioni attive che ha il Paese, quantificabili in almeno 1.800 miliardi di euro. Basterebbero alcune decine di miliardi di euro rivolte a infrastrutture materiali e immateriali per dare vigore alla nostra economia”.
“Sarebbe un fondo garantito dalla Cdp e potrebbero sottoscrivere quote, sia assicurazioni sia fondi di previdenza. E’ già successo negli Stati Uniti dove l’economia negli anni ’80 si è ripresa grazie a investimenti pubblici in settore strategici”, sostiene Di Mario. E per individuare questi settori, conclude Di Mario, “basterebbe convocare gli Stati generali dell’economia e dello sviluppo. Si sono fatti per la cultura perché non farli per l’economia che ne ha tanto bisogno?”.