Giustizia in Provincia di Latina, aumentano reati gravi. Più difficile avere giustizia

Il Tribunale di Latina

La giustizia italiana non gode di ottima salute, ma quella pontina è ormai un malato cronico. La conferma sulla pesante situazione del Tribunale di Latina, l’ennesima, è giunta in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, svoltasi presso la Corte d’Appello di Roma.

Il presidente Luciano Panzani ha sostenuto che molti problemi che si registrano nel territorio pontino dipendono da una pianta organica dell’ufficio giudiziario del tutto inadeguata, dunque dallo scarso numero di uomini in campo, e dalle pesantissime pressioni della criminalità organizzata da Aprilia al Garigliano, che rendono difficile l’attività di contrasto. A fargli eco le parole del procuratore generale, Giovanni Salvi, che ha parlato di un territorio “oggetto di una espansione via via sempre più profonda e ramificata non soltanto ad opera di clan camorristici e del corrispondente insediamento dei relativi esponenti, ma anche di cosche di ’ndrangheta, la cui presenza si è con il tempo estesa e strutturata, fino a determinare la compresenza su quel territorio di un coacervo di gruppi, la cui attività, fortemente caratterizzata dal metodo mafioso, ne ha segnato profondamente il tessuto economico-sociale ed anche politico”.


Del resto i dati parlano chiaro. E se sul fronte civile sembra registrarsi qualche miglioramento, non si può dire altrettanto nel penale.

A Latina i procedimenti civili instaurati nell’anno 2014/15 sono stati 19.572, quelli definiti 20.061 e quelli pendenti 36.759, a fronte dei 37.428 dell’anno precedente. Le cause pendenti da più di tre anni a Latina sono però il 57,4%, il dato peggiore della regione, visto che la media è del 34,7%.

Passando poi al penale, nel 2014/15 sono stati iscritti al dibattimento 2.837 processi, ne sono stati definiti 2.339 e ne residuano 11.675. I definiti sono diminuiti del 23,5% e le pendenze sono aumentate del 4,5%, tanto che peggio di Latina va solo Roma. Virtuosa invece la sezione gip/gup, con 7.887 procedimenti iscritti, 11.619 definiti e un residuo di 23.621 fascicoli, tanto che quelli definiti sono aumentati dell’80,9% e le pendenze diminuite del 13,6%, consistendo tra l’altro in larghissima parte in richieste di archiviazione.

Un ufficio in cui, ha ricordato il presidente della Corte d’Appello di Roma, si sono verificati anche diversi “preoccupanti casi di intimidazione in danno di magistrati”, caratterizzato da “criticità molteplici e risalenti”, “sottodimensionato e con un alto indice di avvicendamento”. Insomma dove fare e ottenere giustizia è arduo.

Senza contare che reati pesanti sono in aumento. Guardando solo alla sezione gip/gup, i fascicoli per reati contro la pubblica amministrazione sono balzati a 85, quelli sulle indebite percezioni di aiuti pubblici a 54, gli omicidi volontari a 45, a fronte dei precedenti 32, quelli per violenza sessuale e stalking a 491 da 290, quelli per droga a 739, quelli contro la persona a 653, quelli per falso in bilancio e bancarotta a 175, per lottizzazione abusiva e inquinamento a 35 e, soprattuto, quelli per reati tributari a 1.269, quando invece nell’anno precedente erano fermi a 143. E, per concludere, desolante il quadro sui processi che finiscono in prescrizione: il 7,6% al dibattimento collegiale, il 25,5% al monocratico e il 13% al gip/gup. Indagini e accuse cancellate da “giustizia lumaca”.