Punta Cetarola, confermato il nuovo stop al complesso turistico

Punta Cetarola tra Itri e Sperlonga

Nuovo stop al progetto di un complesso turistico vista mare a Itri, in località Monte Agnellone.

Il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso della Cetarola srl e avallato i provvedimenti presi lo scorso anno dalla Regione Lazio, che ha messo altri paletti all’iniziativa della società, da 17 anni oggetto di battaglie e polemiche per l’impatto della lottizzazione in un’area delicata come quella di Punta Cetarola.


La srl è proprietaria di un terreno di 567.232 metri quadrati, sul quale vorrebbe realizzare un complesso turistico-alberghiero, per cui, dopo le prime difficoltà, nel 2007 ha presentato un Piano di lottizzazione convenzionato, adottato con delibera del consiglio comunale del 20 dicembre dello stesso anno.

Un progetto sul quale la Regione ha fatto i primi rilievi il 10 marzo 2008, battendo sul vincolo paesaggistico e sul procedimento di valutazione di impatto ambientale.

Ne sono seguite numerose battaglie davanti ai giudici amministrativi e polemiche, con le associazioni ambientaliste e non solo sul piede di guerra davanti a una enorme colata di cemento in una tra le zone di più grande valore del litorale laziale.

La Cetarola srl, impugnando l’ulteriore freno messo lo scorso anno dalla Regione al progetto, ha sostenuto che, riavviato l’iter, è stata superata la verifica di incidenza ambientale e sono stati acquisiti i pareri necessari.

Per la società sarebbe dunque un intralcio indebito quello della Regione, che alla luce della nuova normativa in tema ambientale ha richiesto una nuova procedura di VIA.

Scelte approvate però dal Tar del Lazio, evidenziando che il piano di lottizzazione è notevole, trattandosi di un insediamento di tipo turistico-recettivo con attività commerciali e sportive, per un totale di 65.738 metri cubi, con un’ampia movimentazione di terra per riprofilare pendii e terrazzamenti, lungo la strada panoramica Sperlonga-Gaeta, in una zona di pregio e fragile.

I giudici hanno quindi specificato che la materia del contendere non riguarda la questione sostanziale del giudizio di compatibilità ambientale dell’intervento, l’edificazione di circa 22.000 metri quadrati in un’area non edificata con annesso parcheggio di 6700 metri quadrati, quanto la disciplina del procedimento, in particolare se debba essere proseguito quello pendente, avviato nel lontano 2007, quando ancora l’area non era stata inserita nella Rete Natura2000, relativo ad un progetto modificato nella parte relativa alla viabilità d’accesso, pubblicizzato in ossequio alle regole previgenti, oppure se sia necessario provvedere alla pubblicazione secondo le nuove modalità attualmente imposte, caricando su internet l’intera documentazione al fine di assicurare il rispetto del principio di partecipazione imposto dalla recente normativa ambientale d’origine comunitaria, e nel caso se tale adempimento possa riguardare la sola parte del progetto modificata oppure dell’intero progetto, riattivando in tal modo la possibilità di presentare osservazioni da parte dei diversi soggetti interessati, con conseguente rallentamento della conclusione del procedimento di VIA.

La srl ha specificato nel ricorso di temere altri rallentamenti e soprattutto l’opposizione delle associazioni ambientaliste.

Ma l’operato della Regione è stato appunto considerato dal Tar non censurabile: “La Regione ha giustamente ritenuto tale produzione insufficiente ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità imposti dalla normativa comunitaria, non essendo garantita la partecipazione di enti e soggetti mediante la pubblicizzazione via web della sola “relazione integrativa” di un complesso intervento di cui era stata data notizia con la pubblicazione per un solo giorno, sul su un quotidiano, di un mero trafiletto, con l’avviso dell’avvenuta presentazione dell’istanza e dei luoghi relativi al progetto originario del 2007, divenuto ormai “inattuale” in quanto largamente superato. Non solo, ma la mera trasmissione di tale relazione integrativa, data la mancanza di allegati rappresentativi, impedisce alla stessa Regione di assumere con consapevolezza le proprie scelte, in quanto non la mette in grado di comprendere le variazioni apportate al progetto originario, oltre a costituire un’ipotesi di mancato adempimento alla richiesta di integrazioni documentali, con tutto quel che consegue, data la mancata corrispondenza tra quanto richiesto dall’Amministrazione e quanto prodotto dalla ricorrente”.

Per i giudici è dunque “legittima la richiesta formulata, da ultimo, con la nota impugnata, dalla Regione, non trattandosi di una pretesa irragionevole o sproporzionata, ove si confronti l’interesse della ricorrente a chiudere il procedimento di VIA sulla base della sola istanza del 2007 e della coeva pubblicazione del mero avviso su un quotidiano, rispetto all’interesse di assicurare la consapevole partecipazione della Comunità, mediante la pubblicazione online del progetto e dello studio di impatto ambientale aggiornati, e dei vari Enti interessati a scelte che incidono un “bene comune” d’importanza fondamentale. Senza considerare che la documentazione in parola è necessaria, innanzitutto, per consentire alla stessa Regione di pronunciarsi sull’impatto ambientale in base ad una visione complessiva dell’intervento da realizzare e del suo inserimento nel contesto interessato”.