Rogo, le inchieste sulla Loas sono diventate tre

Da una a tre inchieste sul rogo che il 9 agosto 2020 ha devastato l’azienda di recupero rifiuti Loas Italia srl in via dei Giardini, ad Aprilia.

Gli inquirenti hanno stabilito che l’incendio è stato di natura dolosa ma, non essendo riusciti a stabilire chi ha appiccato le fiamme, per tale indagine hanno chiesto l’archiviazione.


Sul fronte delle presunte responsabilità che comunque avrebbe avuto l’azienda gli indagati sono invece tre, le indagini preliminari sono state concluse e per gli indagati appunto si profila la richiesta di rinvio a giudizio.

Il procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e il sostituto procuratore Andrea D’Angeli hanno inviato ormai da tempo gli avvisi di garanzia al legale rappresentante della società, Alberto Barnabei, e ai soci Antonio Martino e Liberato Ciervo, contestando loro sei capi d’accusa, dall’incendio colposo ai reati in materia ambientale, come quelli sulla gestione dei rifiuti e lo smaltimento delle acque reflue.

Un’indagine in cui è già iniziata una battaglia tra gli investigatori, che in base a una stima fatta ritengono che al momento in cui è divampato il rogo fossero presenti nell’azienda più rifiuti di quelli per cui era autorizzata, e la Loas che, documenti alla mano sui materiali conferiti, intende dimostrare il contrario.

Senza contare che, un mese prima dell’incendio, la conferenza dei servizi a cui presero parte anche l’Arpa Lazio e i Vigili del fuoco, si concluse sostenendo che il sito di via dei Giardini era perfettamente in regola.

Proprio su questo aspetto emerge però che è in corso una terza indagine, relativa a due pubblici funzionari, per stabilire la correttezza del loro operato e gli eventuali rapporti tra loro e la Loas.

L’azienda apriliana è infine finita nel rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad essi correlati.

Nella relazione sull’evoluzione del fenomeno degli incendi negli impianti di gestione dei rifiuti, presentata alle Camere dall’organismo presieduto dal pentastellato Stefano Vignaroli, è stata posta particolare attenzione al litorale laziale.

E proprio rispondendo alle richieste di chiarimenti fatte dalla Commissione, la Procura di Latina ha sostenuto di aver riscontrato “alcune criticità nella comunicazione e nel raccordo tra enti/autorità competenti in ordine al monitoraggio e/o controllo delle autorizzazioni, delle prescrizioni via via impartite e delle reali condizioni del sito con particolare riferimento allo stoccaggio e alla gestione dei rifiuti, anche al fine dell’adozione dei provvedimenti di sospensione o revoca delle autorizzazioni concesse”.