KEBABBARI COME SALVADANAI PER I TERRORISTI: LA DIGOS SGOMINA UNA RETE CON BASE IN TURCHIA

La DIGOS della Questura di Terni, coinvolta anche quella di Latina, a conclusione di una attività di indagine durata circa un anno, ha dato esecuzione a nove misure di custodia cautelare, disposte dal G.I.P. del Tribunale di Terni Santoloci. Le laboriose indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica Massini, e svolte di concerto con i funzionari del Servizio Centrale Antiterrorismo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, hanno consentito di far emergere una ramificata associazione per delinquere, avente base operativa in città, composta da cittadini turchi di etnia curda, operante in ambito nazionale ed internazionale, con la finalità di porre in essere una serie indefinita di reati tra i quali quello del favoreggiamento dell’ingresso irregolare in Europa di connazionali clandestini, da impiegare e sfruttare nell’ambito del fiorente mercato della ristorazione etnica (kebab).

I vertici dell’associazione, tutti tratti in arresto, sono cittadini turchi riconducibili all’associazione eversiva denominata “Hizbullah turca”, con precedenti penali per reati commessi in Italia, Europa e Turchia in materia di terrorismo, armi, droga e immigrazione; gestivano in diverse regioni esercizi di vendita di Kebab ed avevano regolarizzato la loro posizione in Italia, avendo ottenuto in modo fraudolento il riconoscimento di rifugiati politici. Proprio attraverso la prospettiva della regolarizzazione, mediante l’abuso dello strumento dell’asilo politico, l’organizzazione induceva e favoriva l’ingresso in Italia di numerosi connazionali (più di cinquanta i casi già emersi) attraverso diversi sistemi, tra i quali i più diffusi il pagamento dei trafficanti di esseri umani (nave + tir), i passaporti di servizio, i visti di breve durata (turismo – affari), la falsificazione dei visti di ingresso, la sostituzione di persona, i matrimoni simulati. I turchi giunti irregolarmente in Italia, alcuni dei quali destinati ad altri paesi europei, ottenevano fiancheggiamento da parte dell’organizzazione (vitto, alloggio, occupazione) che li avviava alla procedura per il riconoscimento dell’asilo, attraverso la predisposizione delle dichiarazioni “tipo” da rendere alle Commissioni.


E’ stato accertato nel corso dell’indagine che oltre 50 cittadini curdi, riconducibili alla Hizbullah turca hanno ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria, ovvero hanno in corso detta procedura, per effetto di dichiarazioni “fotocopia” ideologicamente false, accompagnate da documentazione contraffatta (tessere di partiti politici, mandati di cattura, certificati medici attestanti esiti inesistenti di ferite da tortura). Il più delle volte è stato accertato che i cittadini turchi dichiaravano falsamente l’appartenenza a partiti politici organici all’organizzazione terroristica turca PKK, per ottenere più facilmente il riconoscimento. Il riconoscimento dell’asilo politico, o in subordine della protezione umanitaria, ha consentito a tali cittadini curdi, non solo la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno, ma anche di sottrarsi al rischio di estradizione in altri paesi ove risultavano destinatari di pene definitive da scontare per gravi reati, anche di natura eversiva. La costante ricerca di personaggi di etnia curda, ideologicamente affini, da far giungere illegalmente in Italia ed Europa e munire di permesso di soggiorno, si è dimostrata funzionale all’alimentazione della rete commerciale dei Kebab, moltiplicati sul territorio e unica fonte economica di sostentamento per le persone e per l’associazione.

Tale rete commerciale si è dimostrata un sistema economico di tipo monopolistico a circuito chiuso, gestita unicamente da soggetti di etnia curda, affini per origini geografiche, ideologie politiche e religiose. L’intera filiera del kebab, dalla lavorazione delle carni, alla distribuzione all’ingrosso, sino alla vendita al minuto, si è palesata funzionale alla raccolta di denaro, una sorta di salvadanaio, periodicamente svuotato dai vertici dell’organizzazione, diretto alla Turchia per sostenere la causa curda. I principali indagati del presente procedimento per effetto della professionalità acquisita hanno dimostrato profonda conoscenza delle procedure necessarie per ottenere fraudolentemente autorizzazioni, permessi e licenze e si sono dimostrati ben introdotti anche in alcuni settori della pubblica amministrazione potendo contare su di una fitta rete di conoscenze ed amicizie. Significativi i casi dei falsi certificati medici attestanti esiti di ferite da arma fuoco e torture, nonché l’acquisto delle abilitazioni per la conduzione di pubblici esercizi (ex R.E.C.) e i certificati HACPP (ex tessere sanitarie) ottenute corrompendo pubblici ufficiali.

Tale “modus operandi”, ispirato al generale ricorso alle procedure illecite aveva determinato il convincimento, più volte espresso dai vertici dell’associazione, secondo cui “..in Italia come in Turchia è possibile avere tutto pagando..”

“L’operazione di Polizia, che è tuttora in corso in sette regioni d’Italia e che vede impegnate le DIGOS di Terni, Roma, L’Aquila, Modena, Milano, Trieste, Como, Venezia, Latina e Viterbo, ha condotto all’arresto ed alla conseguente traduzione in carcere di sei cittadini turchi, i vertici dell’organizzazione per delinquere, A.S. di anni 37, U.F. di anni 43, E.V. di anni 38, A.M. di anni 31; A.I. di anni 32, K.M. di anni 53, e di una donna italiana B.S. di anni 46, responsabile di avere consentito fraudolentemente e per fini di lucro il rilascio a cittadini stranieri di abilitazioni per la conduzione di esercizi pubblici. Due cittadine straniere di origine ucraina, K.M. di anni 30 e O.L. di anni 31, responsabili di concorso in reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sono state condotte agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni di Terni e Milano.

Nel corso della medesima operazione di polizia sono state indagate in stato di libertà ulteriori 30 persone, responsabili a vario titolo di reati che vanno dall’associazione per delinquere, al favoreggiamento dell’immigrazione, al falso documentale, tra di esse anche un avvocato del foro di Terni. Sono in corso tuttora, in tutto il Centro Nord Italia, circa 50 perquisizioni domiciliari, disposte dalla Procura di Terni nei confronti di cittadini turchi e presso le sedi delle principali associazioni curde, finalizzate al rinvenimento di cose o documenti utili a supportare le tesi investigative. Si riassumono i numeri principali dell’operazione: custodie cautelari in carcere: 7; arresti domiciliari: 2; perquisizioni delegate: 47; indagati in stato di libertà: 30; digos impegnate: 9; uomini impiegati: 150”.