SPERLONGA: 33.000 EURO PER TOGLIERE IL PRESERVATIVO A GESU’

Un apprezzato intervento della giornalista Irene Chinappi, dal titolo volutamente provocatorio, “33mila euro per togliere il preservativo a Gesù” ha portato l’attenzione generale su una storia che offende l’attuale congiuntura economica generale e, soprattutto, il buon senso delle persone che sanno ragionare con la propria testa.

Riguarda il clima da Santa Inquisizione che si è venuto a creare dopo che qualche sedicente fedele – più attento alle forme esteriori dalle vaghe sembianze falliche di un mosaico che non al raccoglimento e alla preghiera – ha fatto smuovere tutto l’apparato curiale di Gaeta per ottenere la rimozione di un mosaico posto dietro l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Assunta in cielo a Sperlonga. Rimozione che costa, in un momento di grande crisi economica, la bellezza di 33.000 euro. Ma, più che dilungarci nella ricostruzione dei fatti, lasciamo al racconto – peraltro dettagliato e chiarissimo della giornalista – l’illustrazione della storia incredibilmente infinita.


Tra l’altro, per chi volesse prendere visisone della stesura tipografica originale dell’articolo, riportiamo il link
http://ilcircoscritto.blogspot.com/2012/03/33mila-euro-per-togliere-il.html?spref=fb

Ed ecco  quanto ha scritto Irene Chinappi “Sperlonga, il mosaico che fa tremare i fedeli e il Vaticano. L’Arcivescovo di Gaeta ha deciso di far correggere la raffigurazione peccaminosa del Cristo. I lavori dovranno concludersi entro Pasqua.

Non ci indurre in tentazione, recita la preghiera al Padre. Ma liberaci dal male. E se fosse il figlio di Dio ad indurre i fedeli al peccato proprio nel momento in cui son raccolti in preghiera? Attraverso poi uno dei peggiori nemici della Chiesa: il preservativo. Quell’attrezzo che, secondo una nota dichiarazione del Papa al ritorno dal suo viaggio in Africa: «aumenta i problemi» invece che diminuirli, nella lotta all’Aids. Ed in effetti a Sperlonga, un borgo di 4mila anime scarse e una manciata di fedeli, di problemi ne crea abbastanza. Da quando è apparso, nel dicembre del 2007, un mosaico sull’altare della Chiesa Santa Maria Assunta in cielo, raffigurante un Cristo che a detta di alcuni (leggi sotto), avrebbe la forma di un enorme profilattico. E così, quella figura sacra, insaccata nella più diabolica delle creazioni umane, disturba il sonno della curia. E di alcuni fedeli.

Ora, non è dato di sapere se sia questa la ragione che ha spinto l’Arcivescovo di Gaeta a far correggere la raffigurazione dissacrante. Fatto sta che il “ritocco” è stato annunciato pubblicamente dal parroco Don Gaetano Manzo domenica scorsa. L’opera dovrà concludersi prima delle festività pasquali e prevede una spesa di 33mila euro. Da affrontare sulle opere di “restauro e recupero dei beni artistici e monumentali” effettuate nel 2007, costate complessivamente 606.953 euro e pagate in parte dal Comune in buona parte attraverso le offerte dei fedeli. Ma facciamo un passo indietro.

Ritenuto “fatiscente”, così come recita il sito web della parrocchia, il parroco Gaetano Manzo e la curia vescovile decisero di dare all’edificio, qualche anno fa, una bella ristrutturata. E così nel 2007 lo studio Techné ha eseguito i lavori di riqualificazione sia architettonici che artistici, affidando, tra le altre cose, la realizzazione di un mosaico raffigurante il Cristo ad una ditta di Ravenna (la città dei mosaici), specializzata in arte liturgica: la Arte Poli. Sorvolando sul fatto che l’edificio fu dotato di una complessa e costosa struttura di climatizzazione rimasta inutilizzata evidentemente a causa della spesa eccessiva delle bollette, oggi s’impone per “decenza” la cancellazione del mosaico scabrosamente allusivo.

Sarà stata la lettera di un fedele sperlongano indirizzata all’arcivescovo di Gaeta mons. Fabio Bernardo D’Onorio che proprio durante i lavori di ristrutturazione della chiesa, il 27 ottobre 2007, prese il suo posto alla guida della diocesi gaetana, a mettergli la pulce nell’orecchio. Eppure proprio in quei giorni di ferventi lavori, di andirivieni di carriole, cemento, materiali pregiati, mosaici e piastrelle, il monsignore si dedicò con molta attenzione, a detta dei responsabili dei lavori, all’esecuzione. Fu così attento che volle seguire personalmente il progetto, convocando riunioni su riunioni. Approvò e disapprovò prima di arrivare a concedere il suo placet definitivo. E mosaico fu. Sebbene non fu realizzato come previsto dal progetto originale su base rettangolare. Le modifiche all’opera della Poli (specializzata, repetita juvant, in arte liturgica), furono effettuate per volontà della Curia su colori e forme. E lettera fu. Passarono i mesi e con l’arrivo della bella stagione, nel giugno del 2008, si risvegliò la sensibilità dei fedeli. Quella di uno di loro in particolare.

Che scrivendo a Sua Eccellenza Reverendissima denunciò un problema che prima «pensavo esistesse solo nella mia mente» ma poi «è emerso che la questione è avvertita da molti fedeli come fastidio forte e costante». Trattasi di un «elemento dissonante, per non dire addirittura sacrilego. Mi riferisco – prosegue la missiva –  al grande mosaico che appare sulla facciata retrostante all’altare, che ha inequivocabilmente la forma di un enorme preservativo». E prosegue: «Tale mosaico sul quale, per le dimensioni e per la posizione in cui è posto, convergono inevitabilmente e incessantemente gli sguardi di tutti i fedeli, costituisce un continuo ed insopportabile fattore di disturbo al raccoglimento spirituale e alla preghiera». E non è finita: «Da un’indagine da me fatta – scrive il devoto – posso garantirLe che la forma del suddetto mosaico suscita pensieri scabrosi in uomini e donne di ogni età, cultura e ceto sociale» concludendo dunque con la richiesta di intervenire prontamente, prima, addirittura, che l’affaire venga pubblicizzato dalla stampa locale. Da quella denuncia son trascorsi quattro anni, non sarà stato celere, ma il pulpito vescovile ha deciso, per buona pace dei fedeli e di coloro che non possono fare a meno di aver pensieri scabrosi, di metter fine alla vicenda. Ed evitare che il Cristo possa perseverare nell’indurli in tentazione. Giacché «il preservativo è una invenzione di Satana, per sedurre l’uomo e fargli violare la legge di Dio, dunque allontanandolo da lui» per citare l’esorcista Padre Gabriele Amorth, in una nota intervista pubblicata dalla testata Pontifex, piuttosto che preoccuparsi dello stato di salute di quei fedeli ossessionati dai pensieri satanici perfino in chiesa, la soluzione migliore pare all’Arcivescovo quella di eliminare tutto ciò che nella forma possa ricordare gli atti impuri. È vero che ognuno in casa sua può far quel
che vuole. Ci mancherebbe.

Peccato che a rimetterci in questo caso siano sempre i cittadini. Che nel 2007 hanno contribuito, volenti o nolenti, considerando i finanziamenti pubblici, ai lavori di ristrutturazione dell’edificio di culto compresa la realizzazione del mosaico. Ed in un momento non proprio roseo dell’economia nazionale, bisognerebbe pensarci più di una volta prima di chiedere loro di rimetter mano alle tasche per pulire le coscienze “deviate” di alcuni. Chi pagherà dunque i lavori? La voce ha iniziato a serpeggiare nei vicoli del borgo. E a molti questa storia non piace affatto. Ogni altro commento da parte nostra, sarebbe, a questo punto, del tutto superfluo.