CHIOSCO CONTESO A SPIGNO, LA PARROCCHIA PERDE IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO

Continuerà a dispensare squisiti caffè ancora per un bel po’ di tempo il chioschetto di via Mazzini nel centro urbano di Spigno Saturnia: è stata depositata in questi giorni la sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato presso il quale la Parrocchia di San Giovanni Battista ha fatto appello, trascinando il gestore del bar e il Comune di Spigno Saturnia. I giudici di Palazzo Spada hanno infatti respinto le istanze mosse dal parroco Don Giuseppe Di Mario confermando in sostanza la sentenza del Tar del Lazio a Latina sulla legittimità degli atti prodotti dall’amministrazione comunale.


A essere contestata l’edificazione della struttura. La parrocchia, proprietaria del terreno sul quale sorge il chiosco, aveva impugnato sia l’autorizzazione edilizia che l’autorizzazione per l’allestimento di un bagno per disabili. Tuttavia secondo il Consiglio di Stato, così come già sentenziato dal Tar, “trattandosi di manufatti realizzati sulla base di autorizzazioni edilizie (sia pure a carattere temporaneo) rilasciate rispettivamente nel 1996 e nel 1999, appare irragionevole ritenere che non vi sia stata consapevolezza di questi in ordine alla loro intervenuta realizzazione. Inoltre, lo stesso contratto di locazione del suolo consentiva l’installazione del chiosco bar”.

Insomma per il massimo organo giurisdizionale il fatto che dopo anni venga sollecitato l’annullamento dei titoli edilizi rilasciati “costituisce un’elusione del termine decadenziale per la proposizione di un ricorso”. Ciò riscatta sia il Comune di Spigno che il gestore del chiosco. Accolto, invece, il secondo motivo dell’appello proposto dalla Parrocchia, inizialmente condannata al pagamento di 3mila euro, che riforma le spese giudiziarie compensandole tra le parti.

Per quanto il Comune di Spigno sia uscito indenne da questo contenzioso c’è un dato curioso da evidenziare. L’incarico legale per la costituzione in giudizio al Consiglio di Stato è stato approvato dalla Giunta circa dodici ore prima dell’udienza, precisamente alle 21e50 del 5 novembre come riportato appunto dalla delibera numero 133. Non lascia sorpresi, quindi, che la mattina dopo in Camera di Consiglio non ci fosse nessuno a rappresentare l’amministrazione. Dalla sentenza si evince chiaramente che il Comune non si è costituito.