GAETA, PANAPESCA: IL TRAVAGLIATO RAPPORTO TRA LA PROPRIETÀ PANATI E LA CITTÀ

Nella vertenza lavorativa Panapesca, con 31 dipendenti che sono stati mandati in mobilità, le responsabilità per quanto accaduto sono passate dal sindaco di Gaeta Cosmo Mitrano alla proprietà di Vito Panati. Forze politiche di minoranza, detrattori e oppositori non hanno esitato a strumentalizzare criticando quanto non fatto in un primo momento dalla politica per salvare i posti di lavoro e le famiglie a rischio. Salvo poi complimentarsi dopo i risultati del tavolo interistituzionale convocato dall’amministrazione per arginare i danni di un atteggiamento troppo accondiscendente nel deliberare la ratifica del progetto tra Consind e proprietà Panapesca.

Anche perché nel frattempo le luci si spostavano proprio sull’imprenditore toscano proprietario dell’attività e pure del sito produttivo che, nel progettare la riurbanizzazione del quartiere insieme al Consind, prevedendo la costruzione di un centro commerciale di medie dimensioni nel quartiere Piaja, avrebbe poi di fatto disatteso impegni relativamente alla tutela dei posti di lavori.


Infatti votata la delibera a fine dicembre, arriva come un fulmine a ciel sereno la mobilità a preannunciare il licenziamento dei dipendenti. Perché ormai Vito Panati vuole vendere e andare via. Ed è qui che torna in gioco la politica, quando cioè proprio col tavolo di concertazione dei giorni scorsi l’amministrazione si impegna a condurre la propria battaglia contro la proprietà. E in che modo? Anzitutto congela quella delibera di presa d’atto – viene da chiedersi perché abbiano deliberato allora se poi dovevano congelare -, convocano un un nuovo incontro, ma sopratutto inizia la revisione del contratto di cessione del sito dal Comune alla società di Panati avvenuta durante l’amministrazione Raimondi.

*Vito Panati*

Si cercano allora eventuali incongruenze formali all’atto tanto da poter annullare il documento o comunque far rispettare gli impegni presi e disattesi sui livelli occupazionali. Ma non è la prima volta che Panati ha delle beghe con gli amministratori gaetani. Anche perché già alla fine degli anni novanta con l’amministrazione D’Amante si creano dispute giudiziarie quando Panati, e la Panapesca si chiama ancora Pia, realizza un progetto analogo a quello così discusso oggi del centro commerciale, ma il Consiglio di Stato da ragione al Comune e non se ne fa più niente.

Diatriba proseguita poi quando nonostante un permesso concesso dall’amministrazione per aumentare le volumetrie del sito, Panati non si reca mai al Comune per ritirare la concessione perché contrario all’ingrandimento industriale. C’è da dire che l’operazione avrebbe comportato la maggiorazione dell’affitto su suolo demaniale.

I problemi tra pubblica amministrazione di Gaeta e privato imprenditore Panati sono poi proseguiti durante le legislature successive ad esempio con la vicenda del palazzo ‘O Re Burlone’, nel quartiere di Gaeta Medievale, acquistato da un precedente proprietario gaetano, oggi deceduto, che lo aveva a sua volta comprato all’asta. Vito Panati ha poi chiesto e ottenuto di poterne fare un alloggio estivo proprio per i dipendenti Panapesca.Passando poi alcuni anni dopo a chiederne un cambio di destinazione d’uso in residenziale per poterne vendere gli appartamenti.

Un uomo d’affari, un imprenditore, deve guadagnare ed arricchirsi, e Panati lo fa peraltro con un prodotto di qualità, quel pesce congelato richiestissimo sul mercato internazionale. Anche perché il montecatinese possiede diverse aziende nel settore commerciale ittico, su scala internazionale. Palcoscenico sul quale Panati opera da molto tempo. Il suo nome finisce infatti anche nella vicenda tragica della morte della giornalista italiana Ilaria Alpi e del suo teleoperatore Miran Hrovatin uccisi dopo un attentato a Mogadiscio in Somalia. Questo perchè Panati aveva finanziato con 300 milioni di lire, parte di un progetto di cooperazione internazionale Italo-Somala con creazione di infrastrutture e investimenti produttivi e sociali in Somalia appunto.

*Ilaria Alpi e Miran Hrovatin*

Nello specifico il progetto a cui partecipa Panati si chiama Pesca Oceanica e prevedeva la creazione di una società, la Shifco, per la gestione di una flotta composta da cinque pescherecci e una nave frigo. Un traffico commerciale sul quale iniziano ad indagare la Alpi e il collega Hrovatin sospettando il trasporto di rifiuti e armi e finendo uccisi nel marzo del 1994 a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Quelle stesse navi che a quel tempo approdavano per smerciare prodotti ittici anche a Gaeta. Anche perché proprio la Shifco, proprietaria delle navi, era a sua volta controllata e gestita dalla Pia, cioè l’attuale Panapesca.

Ma Panati ha più volte negato ogni addebito riguardo a tale relazione  denunciando per diffamazione anche un suo ex dipendente, insieme a un giornalista, che affermò come l’imprenditore di Montecatini fosse a conoscenza del traffico di armi sulle navi che approdavano a Gaeta come la Oktober XXI.